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E nacque il partito dell’odio anti-immigrati del Guitto a 5 Stelle

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Beppe Grillo 23di Giancarlo Grassi

 

 

 

Bisogna pur portare via voti a Salvini, e bisogna pur cavalcare l’onda del momento, che è quella dell’intolleranza: così il Guitto a 5 Stelle – leader dei piazzisti che non sanno cosa dicono, né cosa fanno, quei cittadini che sono entrati in Parlamento senza sapere perché e non lo sanno nemmeno ora che son lì che gridano da due anni, e continuano a gridare e basta – si è dovuto inventare una nuova strategia che lo porti alla vittoria contro il Pd, contro la Lega e che consegni finalmente l’Italia nelle mani di un Movimento senza identità né capacità che il Guitto a 5 Stelle vuole ora trasformare nel serbatoio xenofobo d’Italia (Salvini, preso alla sprovvista, disse: “Grillo ci copia”, come se ci fosse da vantarsene) convinto di accaparrarsi percentuali di voti da “prefisso telefonico”.

 

C’aveva provato anche Bossi a far del fenomeno immigrazione il suo cavallo di battaglia: andò al potere, partorì insieme a Gianfranco Fini la peggior legge contro l’immigrazione (non sull’immigrazione) che potesse partorirsi in un paese democratico che rende impossibile la vita a chi vuole vivere in Italia da Italiano e lascia aperte le porte a chi vuole intrufolarsi clandestinamente. Nemmeno lui, con le sue grida ed il suo odio padano riuscì a fermare l’immigrazione: non ci riuscirà Salvini. Non ci riuscirà il Guitto a 5 Stelle. Quello è un fenomeno inarrestabile che si chiama fame.

 

Una fame che in Italia non c’è più e che ha trasformato gli Italiani negli abitanti di un decadente Impero Romano preda delle sue voluttà, dei suoi aperitivi, dei suoi tablet e dell’indifferenza verso il domani perché tanto c’è chi provvede, che vede con rabbia crescente il paese cambiare colore, parlare più lingue (lingue che l’incolto votante di Salvini e M5S non parla), senza rendersi nemmeno conto che il fenomeno delle migrazioni in cerca di lavoro, benessere ed opportunità è fenomeno umano (gli Italiani lo hanno ampiamente praticato nei secoli XIX e XX).

 

Al Guitto a 5 Stelle le parole ragionevoli non importano. Lui, che è un lupo assetato di potere malvestito da pecora, è un dittatore opportunista che cambia indirizzo alle sue politiche come e quando gli aggrada, sbugiardando e distruggendo le posizioni di coloro che, anche tra i suoi compagni di partito – scusate, di Movimento – non gli servono più. Come Buccarella.

 

E l’Italico destino di inginocchiarsi davanti all’Uomo Forte così, almeno, ci pensa lui, rischia di compiersi con i topini che, incantati dall’ennesimo pifferaio magico, si gettano nel fiume del nulla e poi danno la colpa a qualcun altro: alla sfiga, ad esempio. Ma il Guitto a 5 Stelle ha un difetto fatale per essere un Pifferaio: è stonato. Basterebbe ascoltarlo per rendersene conto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(13 agosto 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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