di Gisella Calabrese twitter@giscal77
Carissimi, è con gioia che vi scrivo, annunciandovi così il ritorno della mia rubrica più irriverente e politically uncorrect qui, sul nostro amato portale. E quale migliore occasione per festeggiare tale evento se non quello di occuparci di una divertente facezia come X Factor? Confesso di essere quasi in brodo di giuggiole.
Ieri sera, come ogni giovedì, mi sono accomodata sul divano con copertina, cane, gatto e marito a guardare il talent canoro da qualche anno targato Sky. Una puntata senza picchi, a tratti abbastanza monotona, ma con qualche bella sorpresa. Mi riferisco soprattutto al tema della serata, pezzi “scomodi” della musica internazionale, volti a seguire il filo conduttore dell’inno #WeAreOne, contro ogni forma di discriminazione, violenza e censura. Tutto molto bello, se non fosse che proprio nella serata in cui si inneggiava a “fare poco i bulli” ed essere tutti parte di un disegno più ampio, il giudice più chiacchierato della trasmissione ha dato i numeri (se giocate al lotto, fatemi sapere com’è andata) e ha lasciato lo studio in diretta. Sul più bello, aggiungerei, dato che era il momento della “lotta fratricida” come lui stesso l’ha definita, ovvero l’atto di scegliere quale dei suoi ultimi “talenti” in gara dovesse fare le valigie e tornare a casa.
Non bisognava possedere le potenti doti premonitorie di Nostradamus per capire che i suoi unici due gruppi rimasti sarebbero andati al ballottaggio finale. Scegliere pezzi così strani, sperimentali, astrusi e per molti versi anche bruttini era un biglietto di sola andata per l’inferno, decisamente. Fossi stata nei cinque ragazzi triestini, al posto di uno Spritz mi sarei presa un cicchetto al momento di ogni assegnazione del brano per la settimana. Passi una volta, magari anche due se proprio vogliamo sfidare la fortuna, ma ad un certo punto era il caso di dire basta. Considerando anche il fatto che, simpatici o meno, in cinque se ne salvano forse solo un paio (a livello canoro, ovviamente). Tante stonature, fin dalla prima puntata, erano il lapalissiano indizio che Morgan agli Home Visit aveva scelto i gruppi sbagliati. Delirio di onnipotenza?
Altro gruppo in ballottaggio i “Kommiqualchecosa”, il duetto più male assortito della storia del talent, con un minorenne ancora indeciso sulla sua identità e una quasi trentenne con il complesso della teenager forever. Già il nome doveva far intuire qualcosa. Più che un gruppo musicale, sembra qualche pezzo di mobilio dell’Ikea (e pure a basso costo). Conoscendo volpone Morgan era chiaro a tutti che la scelta di questi due fosse stata decretata dalla presenza della bella ragazza bionda tinta e con una voce anche discreta, se non fosse che insieme all’altro ragazzetto di cui spesso i giudici non ricordano nemmeno il nome (vedi Victoria Cabello) non hanno alcun senso artistico.
Insomma, da un lato un aperitivo analcolico ormai senza più bollicine (gli Spritz For Five) e dall’altra il comodino impiallacciato betulla dell’Ikea (i Komminuet). Risultato? Morgan elimina l’unico gruppo senza quote rosa (chissà come mai) e si alza dando l’addio “per sempre” a X Factor – il talent che gli ha restituito fama, riflettori e persino credibilità musicale – perché “non si riconosce più nella deriva che ha preso la trasmissione”, parole sue. Riconoscendo a Marco Castoldi un’immensa cultura musicale e competenza artistica, da un lato ha ragione a sostenere che in Italia non abbiamo un’alta cultura in generale, ma è pur vero che dall’altra il pubblico di riferimento non è certo uscito tutto dalla Normale di Pisa. La cultura spesso non paga, soprattutto tra le masse, ma non è un assioma ineluttabile il fatto che debba essere sempre sinonimo di cose difficili, di dubbio gusto, troppo ermetiche e poco orecchiabili (perché parliamo sempre e solo di musica).
Diciamoci la verità: ieri sera (e non solo) si è sentita la mancanza di quel tocco di “sano trash” della Simona nazionale (Ventura ndr) e molti sui social hanno espresso questo pensiero. Fatto abbastanza rilevante, dato che è il pubblico che segue e ama il talent in questione. Anche io quando arrivo stanca alla sera davanti alla tv a volte ho solo voglia di distrarre allegramente il cervello, non c’è nulla di male (purché non sia la regola, ma l’eccezione). Morgan invece obbliga alla concentrazione e a comprendere i suoi (spesso e volentieri) incomprensibili trip mentali che – diciamoci la verità – non riesce a cogliere bene nemmeno lui.
Ora si è aperto il toto-Morgan: va via o resta? Nel dubbio stanotte non riuscivo a dormire (come no, credeteci). Probabilmente a quest’ora starà subendo la più lunga lavata di testa della sua vita dai dirigenti Sky, ricordandogli del contratto che ha firmato e delle penali da pagare (che oggi sono un ottimo deterrente per chiunque). Intanto sui social si esprimono i pareri più discordanti e tanta ilarità su questa uscita plateale degna delle migliori sceneggiate di Mario Merola. Alcuni azzardano addirittura che si sia attuato un piano diabolico di boicottaggio nei confronti dei concorrenti di Morgan (ricordiamo infatti che alla fine della fiera questo è un concorso canoro) per aver tacciato il pubblico di ignoranza e di meritare musica come gli One Direction, idoli delle bimbeminkia di tutto il pianeta. Mi auguro che non sia davvero così, perché se queste ragazzine sono tanto potenti non oso pensare cosa ne sarà di noi quando avranno l’età legale per votare alle governative!
In un Paese dove la parola “dimissioni” fa più paura dell’Armageddon, Morgan è senz’altro contro corrente e molto stimolante. Strategia pianificata o semplicemente serata storta? Tra qualche giorno lo sapremo, ma nel frattempo non datevi pena. Non sia mai detto che una cosa simile ci faccia perdere l’appetito… e un sanissimo senso dell’ironia.
Cordialmente vostra.
(14 novembre 2014)
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