di Daniele Santi
Per riportare un po’ di pragmatismo politico nel surreale dibattito attorno all’ombelico della Cgil sulla patrimoniale come panacea, tocca a Renzi inserirsi con le parole di buon senso dettate dalla preparazione e dalla conoscenza della politica che Renzi (piaccia o no ed è lui il primo a sapere che non piace), possiede. Conoscenza per esperienza di un uomo politico che ha fatto tutto e che tutto ha perso (“Il Rottamato”, è il suo ultimo libro) e che si inserisce con le ovvietà che troppe volte in questo paese che cerca il capolavoro, sfuggono.
“Sulla patrimoniale si gioca il capolavoro mediatico di Meloni e l’ennesimo autogol mediatico del centrosinistra. Giorgia Meloni ha drammaticamente aumentato le tasse. La pressione fiscale nel 2026 sarà al 42,8%, in crescita rispetto agli ultimi anni. Dunque l’opposizione oggi potrebbe avere gioco facile e incalzare Meloni chiedendo conto del fatto che con la destra ci sono più tasse. Ma non lo fa perché un pezzo della sinistra anziché chiedere di abbassare le tasse rilancia la patrimoniale. Non importa quali siano le motivazioni: importa che a quel punto Meloni esce dall’angolo e va all’attacco dicendo: finché ci siamo noi al governo, nessuna patrimoniale”.
Abbastanza chiaro? Se non è chiaro segue post renziano. Noi, da parte nostra, ci accontentiamo di essere stati riempiti d’insulti su e giù per il web per avere scritto, in questo articolo, più o meno le stesse cose prima del regale renziano intervento.
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(8 novembre 2025)
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