di Marco Biondi
Avvicinandosi le scadenze elettorali, amministrative e regionali prima, politiche poi, il dibattito politico si arricchisce, finalmente, e cerca, faticosamente, molto faticosamente, di scostarsi dalle frasi ad effetto e dagli slogan, per avvicinarsi alla realtà. Se il Centro sinistra vuole costruire effettivamente un’alternativa all’attuale maggioranza, è inevitabile che inizi a pensarci per tempo.
In realtà, qualcosa si è iniziato a fare. Nelle recenti tornate elettorali, si è avuta dimostrazione che, quando il centro sinistra si presenta senza grandi divisioni e con un programma condiviso, la possibilità di vincere diventa meno remota. Genova insegna.
Lasciamo stare il fatto che da noi appena uno riesce a vincere, già viene candidato in automatico per un ruolo più grande, senza nemmeno lasciargli il tempo di dimostrare se qualcosa, oltre a prendere voti, riesce affettivamente a fare. Credo sia sintomo di chi crede talmente poco alla vittoria che non aspetta altro che buttare nella mischia un nome nuovo. Scusatemi, ma è sbagliato.
Quindi, invito la buona Salis a lavorare tranquilla, dimostrando che l’alternativa è non solo vincente, ma costruttiva e positiva, e poi se ne parlerà quando avremo anche risultati concreti da esporre.
Il dibattito di questi giorni è stato movimentato da una intervista a Repubblica.it di Franceschini, si, lui, sempre lui, i democristiani ci stanno sempre dentro come il prezzemolo.
Secondo Franceschini per vincere, il leader della coalizione non deve, necessariamente, essere un moderato; quindi, smentendo il cavallo di battaglia renziano per cui si vince prendendo i voti del centro, apre le porte ad un PD decisamente spostato a sinistra e sempre più vicino ai 5Stelle e non esclude, di fatto, che il candidato premier possa venir fuori da primarie di coalizione, tipo Conte, Fratoianni o Borrelli. Scusate il piccolo conato di vomito, adesso passa.
Oggi, altre due interviste sempre a Repubblica.it di personalità all’interno del PD, Pina Picierno e Deborah Serracchiani, hanno commentato dicendo la loro. In sintesi, Picierno contesta il parere di Franceschini, e sostiene che il PD non può estremizzarsi perché perderebbe i suoi connotati che derivano dall’Ulivo e dall’impronta di partito riformista e moderato che era stata sancita alla sua nascita da Veltroni. Sostiene poi che è fondamentale, prima di qualsiasi altra cosa, costruire un percorso e un programma comune per potersi presentare al voto in modo credibile. Dare troppo spazio a chi presenta posizioni opposte rispetto a quelle del PD metterebbe a rischio un risultato positivo.
Contrariamente a Picierno, Serracchiani lascia trapelare invece un concetto di “intanto mettiamoci insieme, vinciamo e poi vediamo cosa si riesce a fare”. Azzardo politico molto pericoloso. Significa cercare il potere, senza prospettive di lungo periodo. Risultato fine a se stesso e contrario agli interessi degli italiani.
Visto che nessuno me l’ha chiesto, mi è venuta voglia di dire anch’io la mia.
La storia insegna, o almeno dovrebbe insegnare
Le aggregazioni forzose non hanno mai prodotto risultati adeguati. Tutti nel calderone per tornare a governare, senza sapere bene come e per fare cosa, suona come un infantile assalto alla diligenza che difficilmente potrebbe attirare simpatie.
I voti si devono cercare non solo da chi vota, che sono sempre di meno, ma, soprattutto, da chi ha smesso di votare. L’astensione o la non partecipazione al voto si è accentuata ultimamente in modo preoccupante e sarebbe puerile pensare che non sia per il cattivo esempio che arriva proprio dalla politica.
È inutile criminalizzare costantemente chi è al governo, se non si riesce a dare l’immagine di poter fare meglio; soprattutto che si potrebbe, in caso di vittoria, fare qualcosa di positivo per la popolazione. Ma, attenzione, per tutti non solo per qualcuno.
Non ci si può concentrare su chi vorrebbe spaccare tutto, su chi non ha un lavoro o ne ha uno poco retribuito e poco sicuro. Magari si potrebbero ottenere quei voti li, ma si perderebbero inevitabilmente i voti degli altri, di quelli che un lavoro ce l’hanno ma che soffrono la perdita di valore di acquisto, di quelli che il lavoro lo danno, come imprenditori piccoli o grandi che siano. Un buon Governo dovrebbe recepire le esigenze del maggior numero di elettori possibile e cercare di impostare una politica che non penalizzi eccessivamente una o l’altra categoria.
C’è tanto da fare, lo sappiamo. Ci sono infrastrutture da costruire e da mantenere, politiche ambientali da preservare o rilanciare, sanità da far funzionare, per tutti e non solo per chi se lo può permettere, scuola, cultura e diritto allo studio vero per tutti, politiche per incentivare la natalità, per sostenere i giovani e le nuove famiglie, per integrare nuove forze lavoro. Purtroppo, oggi, bisogna anche essere uniti nel difendere l’indipendenza e la libertà europea, proteggendola dalle minacce che ci stanno arrivando dall’espansionismo russo e dallo smarcamento degli USA. Non si può arrivare al voto senza avere un programma chiaro e comune su tutti questi temi. E, ahimè oggi, non è così. C’è una fetta importante della possibile coalizione di centro sinistra che dissente in modo significativo sui temi relativi al riarmo per la costruzione di una difesa comune europea. Ci sono anche divisioni importanti sulle politiche di efficientamento e riqualificazione energetica. Rivedere le tempistiche alla luce di quanto è successo negli ultimi quattro anni non deve suonare come un sacrilegio.
Una coalizione vincente non può avere al proprio interno partiti che si dimostrano troppo vicini o simpatizzanti per la Russia di Putin o partiti che sbandierano un pacifismo egoista e miope, senza pensare che dobbiamo nuovamente prepararci a difenderci, nel caso qualcuno pensi di poterci togliere quella libertà e quella indipendenza costruita a costo di milioni di morti con la resistenza e la lotta al nazifascismo. Rischieremmo di fare la stessa figura che sta facendo il centro destra, con Tajani che si professa decisamente filoccidentale e Salvini che abbraccia palesemente i russi, in tutti i sensi. Meloni cerca di barcamenarsi, ma non ha peso a sufficienza per imporre una linea comune. Rischiamo le stesse brutte figure e non mi sembra il caso.
C’è molto da fare e molto da lavorare, ma le soluzioni, se si vuole, si possono trovare. Non limitiamoci a difendere il nostro giardinetto di voti perché, altrimenti, sarebbero destinati a restare voti ininfluenti e di opposizione.
Stimoliamo l’amor proprio del PD, l’unico grande partito riformista che abbiamo. Stimoliamo il dibattito interno, lasciamo lavorare quelle persone che il PD lo amano e lo vogliono proteggere e vogliono difenderlo. Facciamo in modo che esca, dal PD, un programma condiviso che metta d’accordo tutte le sue anime, da Cuperlo a Franceschini, da Orfini e Serracchiani, anche quelle voci che da un po’ di tempo si stanno sentendo di meno.
Perché quello dovrà essere il programma che può essere presentato ai possibili compagni di viaggio per fare sintesi e presentarsi come una vera alternativa credibile. E questo programma dovrebbe fare chiarezza anche sugli errori che la sinistra ha connesso nel corso degli anni, quando governava e non è riuscita, a causa soprattutto delle proprie divisioni interne, a garantire i risultati che ci si attendevano, generando quell’aumento dell’astensionismo che oggi stiamo pagando e che ha portato al governo del Paese Meloni & Co.
Lasciamo da parte le ambizioni personali e proponiamo un nome di garanzia, anche esterno ai partiti, che possa tenere insieme in modo produttivo, tutte le anime della coalizione. Così si, che si potrebbe vincere e dare un futuro al nostro Paese.
Basta che, nella costruzione della tela, non saltino fuori delle “Penelopi” che un giorno dicono una cosa, e il giorno dopo la smentiscono. Abbiamo già assistito a questi spettacoli. Io spero di farne a meno, almeno questa volta.
Se non si riuscisse a lavorare bene e con lungimiranza, tra un anno e mezzo, avremo ancora Meloni e soci che si preparano ad eleggere un Presidente della Repubblica che nessuno di noi progressisti democratici vorrebbe vedere. A voi piacerebbe La Russa? Per me, anche no, per favore. Non me lo merito, non ce lo meritiamo!
(18 settembre 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)

