di Massimo Mastruzzo*
Si può essere favorevoli alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e contrari all’autonomia differenziata? La risposta è sì. La ragione risiede nel fatto che quando l’obiettivo politico primario è il riscatto del Sud Italia, le prese di posizione ideologiche e le contrapposizioni politiche rischiano di diventare ostacoli lungo il cammino verso la giustizia e l’equità sociale.
Premettendo che l’appoggio alla realizzazione del ponte non implica necessariamente l’approvazione delle idee politiche, del linguaggio o delle strategie comunicative di forze come la Lega o del ministro Matteo Salvini, va sottolineato che il dibattito sul Ponte sullo Stretto è da sempre carico di contrapposizioni politiche. Spesso, queste contrapposizioni sono più ideologiche che tecniche. La questione, tuttavia, merita un’analisi pragmatica, priva di pregiudizi ideologici, che metta in evidenza l’importanza degli investimenti infrastrutturali come motore dello sviluppo.
Gli economisti sono concordi nel sottolineare che gli investimenti nelle infrastrutture generano un effetto moltiplicatore positivo sull’economia. Ogni euro speso in infrastrutture produce un incremento del PIL superiore all’importo inizialmente investito, effetto che risulta particolarmente significativo nelle aree più svantaggiate. Il Sud Italia, infatti, soffre da tempo di carenze strutturali in termini di strade, ferrovie, connessioni digitali e trasporti pubblici. Questi deficit sono veri e propri ostacoli alla vita quotidiana, al lavoro, e all’accesso ai servizi. Un Paese con uno sviluppo disomogeneo, come quello che caratterizza l’Italia, è un’anomalia in Europa, e la politica nazionale ha troppo spesso ignorato questo squilibrio.
Il divario tra Nord e Sud non è solo una questione economica, ma rappresenta una vera e propria problematica democratica e costituzionale. L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce chiaramente che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.” Questo principio implica che non possa esistere un’Italia di “serie A” e una di “serie B”. Proprio per questo motivo, l’autonomia differenziata deve essere rifiutata con fermezza.
Autonomia Differenziata: Un pericolo per il Sud
L’autonomia differenziata, proposta dal governo, rischia di diventare la pietra tombale su ogni speranza di riscatto per il Sud Italia. La logica che sottende questa proposta, con la sua enfasi sulle differenze regionali, ha l’effetto di amplificare ulteriormente le disparità economiche tra le regioni. Le regioni già ricche, come Lombardia, Veneto, e Emilia-Romagna, avrebbero la possibilità di prosperare ulteriormente, mentre quelle più povere, come la Sicilia, la Calabria e la Campania, rischiano di restare indietro, se non di aggravare la loro situazione.
La Corte Costituzionale ha già emesso una sentenza chiara, la n. 192 del 14 novembre 2024, dichiarando parzialmente incostituzionale la legge n. 86/2024 sull’autonomia differenziata. Questa decisione ha rappresentato un punto fermo nel dibattito, mettendo in evidenza come tale proposta contrasti con i principi di uguaglianza e coesione nazionale sanciti dalla Costituzione italiana. Nonostante la chiarezza della pronuncia, il ministro Roberto Calderoli, sostenuto dal centrodestra, continua a insistere nel cercare di riaprire il dibattito sull’autonomia, cercando di aggirare i limiti imposti dalla Consulta attraverso interpretazioni favorevoli e manovre procedurali.
Recentemente, a Palazzo Chigi, si è svolto un vertice sull’autonomia, a cui hanno partecipato anche i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani. In tale occasione, è stato annunciato l’avvio di “pre-intese” con le Regioni che ne avevano fatto richiesta (Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria) su temi cruciali come la sanità, la previdenza complementare e la protezione civile. Calderoli ha anche auspicato che tali intese potessero essere raggiunte prima del 21 settembre, mostrando una chiara intenzione di concludere accordi in tempi rapidi. Tuttavia, questo approccio solleva numerosi dubbi legali e costituzionali.
Le implicazioni costituzionali e democratiche
Firmare pre-intese su temi vitali come la sanità e la previdenza prima della determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), stabiliti dalla Costituzione, significa ignorare i principi di equità e uguaglianza tra i cittadini. Si tratterebbe di una violazione dell’art. 117 della Costituzione, che assegna allo Stato la competenza esclusiva sui LEP, e dell’art. 3, che garantisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Tale mossa configura un chiaro eccesso di potere esecutivo, che minaccia l’autonomia del Parlamento e la separazione dei poteri. Inoltre, solleva seri interrogativi sulla compatibilità del progetto con l’ordinamento democratico e la coesione nazionale. È evidente che la proposta di autonomia differenziata, se non accompagnata da un serio processo di riforma strutturale che favorisca l’intero Paese, rischia di minare i fondamenti stessi dell’unità giuridica ed economica della Repubblica.
*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale
(13 settembre 2025)
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