Dopo la lectio magistralis [sic] sul presepe secondo Meloni messo in scena da una presidente del Consiglio che voleva far passare sotto silenzio la morte di 116 migranti in mare (e c’è riuscita, c’è da farle un applauso), non sono poche le giravolte che il futuro ha in serbo per il governo degli scappati di casa 2.0. Ma loro sono previdenti, oltre che bugiardi, e meno ingenui di quelli che gridano alla fame degli Italiani che non mettono insieme pranzo e cena. Perché la finanziaria da presa per il culo del 2025 servirà a farne un’altra per ingraziarsi i bolsi nel 2026, avrà maggiori margini di spesa e non ci sarà bisogno di bamboline e ballerine per fare più bello un governo di impresentabili.
Poi c’è la questione dello spread, raccontata come un miracolo dalle reti del network TeleMeloni, ma che è invece un problema con il quale l’Itala dovrà fare i conti. Ve la diciamo così come ci viene: lo spread cala non perché le cose vadano meglio in Italia, ma perché in Germania le cose vanno peggio. E la Germania è il primo partner commerciale dell’Italia. Dunque se lo spread cala è un pessimo segno per l’economia italiana: peccato che Donna Meloni di tutti i Miracoli mancati non lo dica. E i suoi scendiletto mediatici nemmeno. Cioè, se lo Stato ha bisogno di soldi e li chiede in prestito ai mercati (banche, fondi, cittadini) deve restituirli con un interesse e far capire al mercato che l’Italia è affidabile. Così gli investitori cercano il primo della classe, che è la Germania e fanno il calcolo. Se la prima della classe non va più come una locomotiva noi paghiamo meno il denaro, ma chi lavora con le aziende tedesche lavora meno ergo la serpentessa si morde la coda con la sua stessa propaganda. Cioè, se si definisce vittoria uno spread basso perché la Germania sta peggio, si sta prendendo in giro la nazione (e non è nemmeno una novità) perché se ci costa meno saldare il debito quando la locomotiva frena prima o poi il contraccolpo arriva a tutti: partner commerciali più stretti in testa.
Aggiungiamo, perché vogliamo farci del male, che a salvarci le natiche – le nostre e quelle governative, accomunate dal comune triste destino di averle – è il PNRR senza il quale l’Italia sarebbe già in recessione. E che la finanziaria non aggiunge nulla alla crescita del 2026 che dovrebbe essere, secondo l’Istat, dello 0,6% grazie alla ripresa dei consumi delle famiglie italiane (1,6%), ma si prevede un 2026 di stagnazione – e quindi di feroce propaganda delle Sorelle d’Italia con network meloniani al seguito – e tocca dire fuori dai denti che ad agosto si chiuderanno definitivamente i rubinetti del Pnrr,senza il quale l’Italia sarebbe già in recessione con un Pil a meno 1,3%.
Ma non ci sarà badabùm perchè c’è anche una buona notizia: pur di spendere in propaganda l’uscita dalla procedura d’infrazione UE, Meloni e allegra brigata non hanno esitato a regalare una legge di bilancio che non muove una foglia, ma inchioda il debito pubblico al 137% del PIL, senza che nemmeno questo si muova. Un’Italia immobile in ogni campo dove gli unici interessi che si muovono, e a che velocità, sono gli interessi delle aziende della famiglia Berlusconi. Quelli che fanno finta di avere Tajani sui coglioni.
Vale così la pena leggersi una tabella divertente, compilata incrociando dati anche grazie all’IA, che racconta come vanno le cose dal punto di vista della crescita del PIL.
| Paese | Crescita PIL (%) | |
| Italia | +0,4% / +0,7% | |
| Albania | +3,4% / +3,8% | |
| Spagna | +2,6% / +3,0% | |
| Marocco | +2,5% / +3,0% | |
| Portogallo | +1,8% / +2,0% | |
| Tunisia | +1,5% / +1,8% | |
| Francia | +1,1% / +1,3% | |
| Germania | 0,0% / -0,2% |
L’Italia cresce certamente più della Germania, e hanno persino la faccia tosta di farsene un vanto, ma cresce meno di Spagna, Francia, Portogallo e, udite udite, del Marocco (che cresce tre volte di più) e della Tunisia. Persino l’Albania (con Rama assediato dalle opposizioni) ci fa a pezzi. E guardate con che numeri.
(26 dicembre 2025)
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