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Pontida 2025: la farsa dell’unità e il grido nero della Lega

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di Massimo Mastruzzo*

C’era una volta il pratone verde di Pontida, simbolo della Padania che non esiste. Oggi, quel prato è diventato nero. Non solo nel colore, ma nello spirito. Pontida 2025 non è stato un raduno politico: è stato un rito identitario, uno sfogo rabbioso, un manifesto urlato dell’Italia che odia.

Mentre sul palco i leader del centrodestra recitano – male – la parte degli uomini di Stato che parlano di unità, pace e responsabilità, sotto di loro i cori dei giovani leghisti raccontano la verità. Una verità scomoda, sgradevole, ma cristallina: il Sud è ancora il nemico, l’altro da disprezzare, la palla al piede da insultare. “Vesuvio erutta, tutta Napoli è distrutta” non è solo uno slogan infame: è la fotografia di un’Italia spaccata, dove l’odio antimeridionale è ormai parte del DNA leghista.

E allora chiediamoci: cosa ne pensano i parlamentari del Sud eletti con la Lega? Da Cantalamessa, Patriciello, La Porta, Sasso, Pierro, Zinzi, Di Mattina, Carrà, Loizzo: silenzio. Nessuno fiata. Nessuno che senta il bisogno, anche solo per decenza, di prendere le distanze. Ma del resto, da chi ha votato l’Autonomia Differenziata – uno scempio istituzionale travestito da riforma – non ci si può aspettare né dignità, né rispetto per la propria terra.

Questa Pontida è figlia di quella degli anni ’90, ma ha cambiato pelle. Non è più verde: è nera. Non parla più di secessione, ma di supremazia. Non sogna più la Padania, ma una Nazione chiusa, armata, incattivita. E nel frattempo, la Lega si traveste da partito nazionale, mentre scivola verso le derive dell’estrema destra europea. Altro che centrodestra moderato: qui siamo alla copia carbone della AfD tedesca.

I segnali sono inequivocabili. Cori di odio contro Calenda. Ultimatum a Forza Italia: “O con noi o contro di noi”, come se la coalizione fosse un branco e non un’alleanza politica. E poi, l’apoteosi: “armiamoci per reimmigrare” gli stranieri. Linguaggio da guerra civile, non da governo.

Pontida 2025 è la prova che non siamo davanti a una semplice manifestazione politica. Siamo di fronte a un progetto ideologico pericoloso, che alimenta divisioni, semina rancore, normalizza la barbarie. È un laboratorio identitario dove si sperimenta l’Italia del domani: meno democratica, meno solidale, meno umana.

E allora la domanda è: quanto ancora dovremo sopportare questo scempio in silenzio? Quante Pontida ci serviranno per capire che questa non è politica, è propaganda? Che questa non è una Lega, è un grumo ideologico incompatibile con la Costituzione e con l’idea stessa di Repubblica?

Pontida 2025 non è una parentesi. È un campanello d’allarme. E chi continua a ignorarlo, ne sarà complice.

MET un’alternativa concreta nata dal Sud

Di fronte a Pontida 2025 — con i suoi slogan rancorosi, l’odio travestito da identità, le invocazioni antimeridionali — esiste un’altra voce che non si limita a denunciare, ma propone, costruisce, e lotta ogni giorno per cambiare i fatti: il Movimento Equità Territoriale.

Nasce dal Sud, con le sue ferite, le sue ingiustizie storiche, ma anche con la consapevolezza che un’Italia giusta è possibile solo se ogni territorio è trattato con equità.

MET non accetta che il Sud resti una colonia interna dello Stato, svuotata di risorse, servizi, opportunità. Non tollera che politiche come l’Autonomia Differenziata, la spesa storica o criteri discriminatori nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture continuino a mantenere uno squilibrio insanabile. Vuole definire e garantire i Livelli Essenziali di Prestazione su tutto il territorio nazionale, abolire il principio della spesa storica, rendere la salute, il lavoro, i servizi sociali veramente uguali per chi vive al Mezzogiorno quanto per chi vive al Nord.

In un’epoca in cui alcuni invocano l’esclusione, l’oscurità dell’odio simbolico e territoriale, il Movimento Equità Territoriale propone chiarezza: diritti vs ingiustizie, uguaglianza vs suprematismo, unità concreta vs retorica divisiva. Non è soltanto un’alternativa politica: è una proposta morale, culturale, sociale. È la prova che non serve urlare “con noi o contro di noi” per rappresentare il Sud: serve agire, costruire, resistere.

E allora, davanti a questo bivio: o restiamo spettatori delle ingiustizie, o sosteniamo chi le vuole eliminare. Il Movimento Equità Territoriale non è solo l’unica realtà che denuncia; è il solo che si batte davvero per le reali necessità dei cittadini del Sud, per il rispetto, per la dignità, per l’uguaglianza tra i territori. E di fronte a chi vuole dividere, chi vuole odiare, chi vuole spartire ricchezza solo per alcuni, è tempo di scegliere: stare da che parte? Dalla parte dell’equità, sempre.

 

*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale

 

 

 

(21 settembre 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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