di Lonsito De Toledo
Con una sentenza destinata a fare giurisprudenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato la Repubblica Ceca per aver imposto la sterilizzazione chirurgica come condizione per il riconoscimento legale del genere alle persone transgender. La Corte ha stabilito che tale pratica viola l’articolo 8 della Convenzione europea, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Per anni, la legislazione ceca ha subordinato l’aggiornamento anagrafico di nome e genere a un percorso medico obbligato: diagnosi psichiatrica, trattamento ormonale e, soprattutto, la rimozione irreversibile delle gonadi. In altre parole, la sterilizzazione era la chiave d’accesso all’identità legale. Un’imposizione che la Corte ha oggi definito “ingiustificabile e sproporzionata”.
Il ricorso è stato presentato da una persona transgender identificata con la sigla “X”, che aveva rifiutato l’intervento chirurgico ma si era vista negare il diritto di modificare i propri documenti. Nella sentenza, i giudici di Strasburgo hanno riconosciuto la sofferenza inflitta dalle autorità ceche, descrivendo la situazione come un “trattamento degradante” che obbliga le persone trans a scegliere tra la propria identità e la propria integrità fisica.
La sentenza si inserisce in una lunga serie di pronunciamenti che negli ultimi anni hanno portato la Corte a condannare pratiche simili in altri Stati membri del Consiglio d’Europa, tra cui Francia, Italia, Russia e Finlandia. In molti casi, le sentenze hanno innescato riforme legislative — talvolta lente, spesso contestate — che mirano a garantire il riconoscimento dell’identità di genere senza condizioni mediche invasive.
Particolarmente controverso era il caso della Repubblica Ceca, dove il Codice civile prevede esplicitamente che la transizione legale possa avvenire solo “dopo la trasformazione chirurgica del corpo” e la conseguente inidoneità alla procreazione. Una normativa che ha imposto a centinaia di persone trans il ricatto istituzionale: rinunciare per sempre alla possibilità di avere figli per poter vedere riconosciuta la propria identità.
Organizzazioni per i diritti civili hanno salutato la sentenza come una vittoria storica. “È un giorno di giustizia e dignità per le persone transgender in Europa,” ha dichiarato un portavoce di ILGA-Europe. “La sterilizzazione forzata è una violazione gravissima dei diritti umani e non può più trovare spazio in alcun ordinamento giuridico.”
La Repubblica Ceca dovrà ora adeguare la propria normativa, rimuovendo i requisiti di sterilizzazione dal processo di rettifica anagrafica. Il Parlamento di Praga, che da tempo discute una riforma della legge sull’identità di genere, si troverà costretto ad accelerare i lavori, anche sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale.
Per le persone transgender ceche, il verdetto di Strasburgo rappresenta non solo un passo avanti sul piano giuridico, ma anche un risarcimento simbolico dopo anni di discriminazioni istituzionalizzate.
“La mia identità non è una malattia da curare, né qualcosa da mutilare per legge”, ha commentato “X” in una dichiarazione rilasciata tramite il proprio avvocato. “Oggi l’Europa mi ha detto che ho il diritto di esistere così come sono”.
(16 giugno 2025)
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