di Giovanna Di Rosa
Per il governo Meloni le donne sono importantissime, ma anche no. E’ uno dei tanti misteri del governo a maggioranza FdI che dice tutto, il contrario di tutto e poi trova una terza via. E’ la coerenza, Signora mia. Ed è la politica che al maschile o al femminile non cambia una virgola dei suoi giochi prestigio.
Opzione Donna, ad esempio, è un altro dei misteri della fede in Meloni: le lavoratrici che vogliono andare in pensione infatti posso andarci a pieno diritto, qualora abbiano maturato i requisiti necessari. Che sono diversi a seconda se sei quella donna lì o quella donna là; ferme restando le proroghe possibili, un ulteriore anno di sperimentazione, o uno qualsiasi degli altri trucchi che riescono a mettere sul tavolo per non fare quello che dicono, ma anche per fare quello che dicono con le opportune correzioni e revisioni, il neonato governo Meloni ha lanciato una nuova geniale proposta. Avendo maturato una contribuzione di 35 anni di contributi si propone che la donna vada in pensione a 58 anni se ha due figli, a 59 anni se ne ha uno e a 60 se figli non ne ha. Non si indica a quale età la donna può andare in pensione se il figlio è morto. Sono le perversioni della meritocrazia applicata alla fertilità. Che a proporla sia un governo il cui premier è una donna, testimonia la perversione ideologica di certi furori femminili legati al femminile.
Basti un semplice ragionamento: il governo Meloni non vuole anticipare la pensione per le lavoratrici madri, vuole ritardare la pensione per le lavoratrici che madri non sono. Un delirio meritocratico – basti vedere come si esprime sul merito chi di quel Merito è addirittura Ministro – che non mira a fare stare bene tutte le donne, ma a farne stare peggio altre.
Le “donne non hanno nulla da temere” della presidente del Consiglio sta tutto lì. Basta vederlo. E’ il separatismo della fertilità. Da scriverci un romanzo.
(2 dicembre 2022)
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