di Giovanna Di Rosa
La leaderessa di Fratelli d’Italia ha definito questa mattina a Milano i saluti romani “gesti antistorici” aggiungendo “l’ho detto tante volte”: aforisma meloniano che dovrebbe chiudere la partita. L’occasione di smarcarsi era ghiotta.
Posto che seguiamo a sufficienza Meloni per essere praticamente certi che non lo ha detto quasi mai, non stupisce che l’affermazione sia stata fatta alla vigilia della manifestazione di questo pomeriggio convocata dall’estrema destra a Milano per commemorare la morte di Sergio Ramelli, il giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 da un gruppo di militanti di estrema sinistra, la sua reazione di fronte ai filmati di saluti romani di militanti di FdI che si definivano “fascisti” fu assai differente.
E dire che in passato altre occasioni di smarcarsi non erano mancate. Non proferì verbo, ad esempio, quando il triestino Fabio Tuiach e l’assessore Andrea Nadalini di Codroipo, in quota Fratelli d’Italia, praticavano il divertissement su social e coronavirus scrivendo “Non stringete la mano a nessuno, il contagio è letale. Usate il saluto romano [sic], antivirus e antimicrobi”; nulla disse quando a Napoli militanti di fratelli d’Italia si esibirono in un saluto romano di gruppo, all’aperto, salvo poi dichiarare che il saluto “non aveva un significato politico pubblico e quella non era una manifestazione pubblica” come se la foto fosse stata scattata al chiuso e tutto ciò che fai all’aperto non sia pubblico. Ancor meno disse sulla storiella di Cogoleto, quel consigliere comunale che fece il saluto romano, ma poi “voleva chiedere la parola”.
Molto dice Meloni quando l’occasione è quella giusta: come il 29 aprile a Milano quando ha approfittato, partecipando alla manifestazione celebrativa dei brutti fatti del ’75 con il Sindaco Sala, per dire “questa è la nostra manifestazione” e non quella del pomeriggio con saluti romani al seguito, proseguendo così in un’operazione di re-styling ad uso elettorale che segue passo passo l’avventura di Le Pen in Francia, anche nel suggerire all’elettorato una nuova versione di Meloni, rassicurante e istituzionale, alla quale è molto difficile credere, e cercando di far dimenticare le vecchie frequentazioni filo-Putin del pre-aggressione all’Ucraina.
(29 aprile 2022)
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