di Daniele Santi, #25aprile
L’uomo d’affari inglese Richard Causton poi anche leader religioso, scriveva in un suo interessante volume, come spesso le associazioni per i diritti umani o che sono unite da un ideale politico forte di “lotta al male“, rischino di distruggersi dall’interno per il troppo attaccamento al desiderio di fare del bene. E’ un concetto espresso anche in numerosi passaggi, da molte filosofie orientali. Non è l’idea del bene in sé a diventare perniciosa per la causa del bene, ma l’attaccamento alla convinzione che soltanto in un certo modo e procedendo in una certa direzione, si possa fare del bene.
E’ tutto estremamente umano, del resto. In quanto esseri umani il nostro tempo su questa terra è limitato ed è proprio l’attaccamento a ciò che pensiamo, a ciò che abbiamo, a coloro che amiamo che ci fa dimenticare che un giorno, molto semplicemente, non ci saremo più. Realtà scomoda, ma eterna.
Desidero sottolineare questo concetto proprio in occasione del 25 aprile, data storica nella quale l’Italia tutta si è riunita nella liberazione dall’orribile dittatura nazifascista e dal regime mussoliniano che aveva trascinato l’Italia nella II Guerra Mondiale, riuscendo a dividersi di nuovo subito dopo senza essere riuscita, dopo 76 anni, a rielaborare la data che celebra in un’unità nazionale che riesca a ricordare in modo convincente che ha vinto la democrazia contro la dittatura (frase che verrà ritradotta da coloro che commenteranno questo articolo secondo la loro personale visione, tra un insulto e l’altro): “Perché non siam popolo, perché siam divisi” non l’abbiamo scritto noi.
Noi che ci crediamo il 25 aprile celebriamo quella vittoria. Non una parte. Non l’altra. Celebriamo la democrazia che permette a tutte e tutti di dire liberamente ciò che pensano, nel rispetto del pensiero di tutte e tutti: insulti da social permettendo. Noi che ci crediamo, la celebriamo anche per quelli che con risibili battute da bar lanciate via agenzie di stampa, vogliono negare il valore della festa. La Celebriamo anche per quelli che vanno in piazza il 25 aprile ad inneggiare alla liberazione dal fascismo e poi il fascismo lo praticano, all’interno delle loro associazioni e vieppiù inconsapevolmente – quel desiderio di fare del bene secondo la propria visione di cui sopra – togliendo la parola, o costruendo strategie discutibili per zittire l’avversario, contro coloro che la pensano, legittimamente, in modo diverso.
“Perché non siam popolo, perché siam divisi” non l’abbiamo scritto noi.
E quando avrete finito d’insultarci, buon 25 aprile anche a voi.
(25 aprile 2021)
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