
di Il Capo #banalità twitter@gaiaitaliacom #notiziole
E fu così che un brivido percorse, subitaneo ed inaspettato, le regali schiene del popolo Italiano – quello che subisce le fascinazioni di Casapound e della nuova colonizzazione della Libia – e tutte le sue gloriose genti si risvegliarono che faceva un freddo cane. E si lamentarono, piangenti, “Che freddo! Che freddo!”, perché è noto che in Italia, nei mesi invernali, sempre si sono avuti 40° all’ombra. E’ caratteristica dei climi temperati.
Vengo da una zona del nord dove ha sempre fatto un freddo cane (“Un freddo porco!”, dicevam noi che siamo sempre stati gente fine); inverni da geloni, con notti a -8° e nebbia che si tagliava a cubetti – per via del gelo – per non parlare delle brinate notturne che lasciavano imbiancati prati ed automobili per la gioia di chi l’amava e godeva, avendo tempo per farlo perché dalle nostre parti lavorano come buoi, il suo scioglimento ai dolci raggi solari. La chiamavamo “galaverna”, considerata un segnale che l’inverno era proprio inverno e benedetta perché grazie a lei – e un po’ come sotto la neve – “la terra si riposa”. Lo dicevan le nonne. Ed era meraviglioso.
Gli ultimi inverni sono stati assai miti e l’Italico buzzurro, lo sappiamo, si abitua in fretta a tutto. In special modo alle comodità, perché negli ultimi anni – vuoi la crisi, vuoi le scie chimiche, vuoi quegli africani che hanno anche il brutto vizio di voler mangiare o lavorare, quando non addirittura di procreare – di comodità se ne son viste poche, a parte lo stare a letto e in casa perché non c’era un cazzo da fare. Dunque questo freddo siberiano che chiamano siberiano quei giornalisti che in Siberia non ci sono mai stati, perché in Siberia fa meno 48° e i treni non si fermano perché si ghiacciano le cose che dovrebbero farli correre i treni… come invece succede a Roma, che son poi quegli stessi giornalisti che son lì non si sa perché e che fanno il mestiere con la stessa passione con la quale pulirebbero un cesso (e forse in cuor loro lo stanno proprio facendo e pensano che il cesso siamo noi), ha colto di gelato stupore il popolo che pensa in qual modo gloriosamente colonizzare la Tripolitania e la Cirenaica – non sanno nemmeno cosa sono, né dove stanno, ma almeno lì fa caldo.
Ecco dunque regalata la narrazione del freddo siberiano e dell’oddio che freddo: a questi poveracci di compaesani che si lamentano per tutto perché lamentarsi è molto meglio che rimboccarsi le maniche, tocca insegnare di nuovo che le stagioni sono quattro – in ogni clima temperato, e pare proprio che noi siamo collocati lì – e che gli inverni eccezionali sono quelli miti e non quelli dove nevica e fa freddo. Poi certo, essendo sui social come se fossero tutti delle star, questi signori del nulla già leoni da tastiera già premi Nobel in almeno undici discipline differenti e già principi della galanteria, della finezza e della cultura, devono creare un evento anche per una temperatura di una decina di gradi sottozero che li costringe a mettersi le calze invece di andare in giro a caviglie scoperte, perché sono le stagioni che devono piegarsi alla moda e non viceversa.
Eccoci quindi alle prese con un popolo di geni che sa tutto di tutto che improvvisamente scopre che d’inverno fa freddo. Potremmo chiamarla “la scoperta dell’acqua calda”, ma non vorremo creargli ulteriore confusione.
(28 febbraio 2018)
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