di Il Capo
C’è stato un tempo in cui Pierluigi Bersani era favorevole all’abolizione delle preferenze che erano considerate la causa e l’effetto insieme di tanti mali cronici d’Italia quali la corruzione, oltre che un collegamento diretto con il vizietto delle tangenti. Bersani e i suoi che avevano un po’ il concetto della purezza che oggi è bandiera del M5S, non potevano tollerare né le tangenti [sic] né la corruzione. Quindi le preferenze erano il male assoluto. Era il 1992 o giù di lì, c’era stato un presidente del Consiglio che aveva invitato gli italiani ad “andare al mare” in occasione di uno dei tanti referendum che dovevano servire a cambiare una volta per tutte la storia di questo paese, un po’ come la candidatura di Stefano Fassina, e c’erano addirittura manifesti del Pds che inneggivano all’abolizione delle preferenze. Dopo quasi venticinque anni, e dopo che Bersani con il suo [sic] PD è passato per altre posizioni care al padre padrone D’Alema, le preferenze sono invece qualcosa di irrinunciabile. Così come l’abolizione del premio alla coalizione era irrinunciabile ai tempi, ed oggi sembra essere indispensabile averlo, quel premio alla coalizione. C’è poi anche l’altra novità. L’ennesima novità che ci racconta della modernità della minoranza PD che è minoranza anche dentro la sua stessa minoranza: la proposta del partito che vince perché ha presentato un programma chiaro e su quello deve governare non serve più, c’è bisogno invece di ritornare ai governi formati in parlamento mettendolo in culo al voto dei cittadini che a quel punto potrebbero anche starsene in casa in massa, tanto per quel che contano… Questo è il PD che Bersani, D’Alema, Speranza, Cuperlo, e tutti i loro, sostengono contro l’Italicum che è tornato ad essere terreno di guerriglia urbana. Del resto con l’aria che tira nella sinistra del 4% uscire dal PD, per questi signori, vorebbe dire uscire definitivamente di scena e questo, proprio, non possono sopportarlo.
(19 luglio 2016)
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