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L’occhio di Alessandro Paesano: L’oscena omissione dell’omoerotismo nell’inutile film su Alan Turing

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Alan Turing Filmdi Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

Il film è The Imitation Game, tratto dalla biografia di Andrew Hodges, matematico (lavora sui tensori di Penrose) e attivista gay rovinata e banalizzata però da Graham Moore che ne fa un film superficiale e privo di qualunque spessore culturale.
The Imitation Game, diretto dal Norvegese Morten Tyldum, racconta del tentativo e della riuscita di decifrare Enigma il codice crittografico tramite il quale i nazisti e accoliti mandavano i propri comunicati operativi via etere.

Dipanato su tre diversi periodi della vita di Turing tra i quali il film maldestramente alterna (Turing studente dove si innamora per la prima volta; i tentativi di decifrare Enigma, e il periodo in cui Turing viene processato per omosessualità e costretto a scegliere tra due anni di carcere e la castrazione chimica), il film procede senza mostrare niente ma dicendo tutto quello che accade quel che mostra è un inutile orpello esornativo tantoi che ne potremmo capire quel che succede anche a occhi chiusi.
Un non film di una superficialità agghiacciante.

La parte centrale, che racconta la ricerca sulla decifrazione di enigma, è sviluppata secondo la retorica degli scienziati buffi che scrivono e fanno calcoli mentre la musica in sottofondo si fa drammatica senza che il film ci spieghi minimamente il problema da un punto di vista matematico o il tipo di lavoro fatto dalla macchina costruita da Turing e colleghi. Lasciamo la scienza agli scienziati… troppo complicata per noi normali!
I problemi che affliggono Turing da giovane (la compulsività e l’ossessione per l’ordine che lo costringono per esempio a separare i piselli dalle cartone nel piatto della mensa) da adulto spariscono senza spiegazione alcuna se non quella generica della eccentricità da scienziato secondo un immaginario collettivo datato e per adolescenti.

Alessandro Paesano 01Dopo avere visto il film si ha l’impressione che il lavoro svolto da Turing per decrittare Enigma abbia avuto solo la pur lodevole funzione di far vincere la guerra agli alleati. I grandi contributi teorici che Turing apporta alla cultura e al pensiero umani non vengono minimamente fatti notare nel film (la parola algoritmo non viene usata mai nemmeno una volta…), già solo questo costituisce un’offesa alla memoria del grande scienziato e ricercatore britannico.

Ancora più grave il trattamento ricevuto dell’omosessualità che nel film non viene mai mostrata (nemmeno nelle scene nel college) e della quale si parla sempre ed esclusivamente in termini sessuali e mai sentimentali.

Parlando con il poliziotto che lo sospetta spia sovietica (siamo negli anni ’50) Turing stesso si riferisce al proprio orientamento sessuale come comportamento sessuale specificando di avere pagato un giovane perché toccasse il suo pene. Con la scusa che negli anni ’50 non c’era spazio alcuno per una socializzazione omoerotica il film si guarda bene dal sottolineare come questa mancanza abbia costretto le persone omosessuali allo sfogo sessuale e presenta la cosa come un dato connaturato all’omosessualità stessa un sesso rubato che sembra essere l’unica componente degna di essere menzionata: l’amore per il giovane collega di college è sublimato nel sentimento puro e non carnale secondo il più trito luogo comune che l’amore per esser vero non può essere sessuale. Un luogo comune cha per le storie etero ha smesso di avere senso almeno da una quarantina d’anni…

Questo la dice lunga sullo scarto che c’è tra i personaggi etero e quelli non nel cinema europeo e occidentale.
Non a caso l’intuizione che Turing ha per far funzionare la sua macchina avviene nel bel mezzo di un rimorchio etero tra uno dei suoi colleghi e una delle ausiliarie.
Il problema più grave è che a molti gay questo film può piacere molto più di film come Pride perché mentre in Pride si mostra come, dopotutto, tra etero e omosessualità non c’è differenza alcuna, trattandosi sempre dell’amore per una qualche persona, The Imitation Game soddisfa quella vocazione al martirio che, evidentemente,  molte persone non etero sentono come propria cifra esistenziale sono gay fintanto che soffro.

Il film non si sogna minimamente di istaurare paralleli tra la sperequazione con cui le donne sono accolte all’epoca (segregazione dei sessi) con il trattamento riservato alle persone omosessuali. Anche quando il film racconta (non mostra) dell’obbligo da parte di Turing di prendere ormoni femminili per abbassare la sua libito omoerotica, si guarda bene dal mostrarci i seni che a Turing erano cresciuti in seguito all’assunzione degli ormoni ma si limita a mostrarne l’obnubilazione mentale.
Altra censura della persona omosessuale la cui persecuzione viene presentata come un fatto astratto che non ha concrete ripercussioni nella sua vita sentimental-sessuale ma solo in quella professionale.

Da questo punto di vista The Imitation Game è indifferente all’omofobia e per questo, suo malgrado, omofobo.
La denuncia del maltrattamento di Turing in quanto omosessuale in Inghilterra per gli autori del film ha valore e si misura solo nella straordinaria grandezza della persosna vessata.

La gravità della sentenza che costrinse Turing all’assunzione di estrogeni non è commisurata alla vita di una perosna omosessuale ma a quella del genio. Ai froci comuni, quelli che non hanno i guizzi di genio di Turing il film non dedica nessuna parola. Siamo ancora dentro la retorica dell’accettare la diversità suo malgrado perché si hanno altri pregi come Turing si sente dire dal personaggio femminile secondo la solita retorica del diverso che sarà pure diverso però ha salvato il mondo.
Ecco forse è il caso di smetterla di accettare i froci nonostante la loro diversità. Forse le persone non etero vanno accettate proprio per quel che sono e non c’è nessun problema al riguardo.
L’eterosessismo è asfittico anche quando mosso da buone intenzioni.

Benedict Cumberbatch che interpreta Turing ripropone stancamente le stesse identiche facce di Holmes e quella di Kahn nell’ultimo Star Trek, dimostrando che non si tratta affatto di quel grande attore che si pretende che sia, per tacere della monoespressiva Keira Knightley dai muscoli facciali inesistenti incapace di far trapelare dal suo viso un sentimento che non sia quello di stupore per averla ingaggiuata nel film “Hanno preso me?”.

The Imitation Game  non sarebbe mai dovuto arrivare nelle sale a scomodare il pubblico per andarlo a vedere. Una programmazione televisiva, tra un quiz e un reality show, gli si sarebbe stata molto più congeniale.

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