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Il Manganello de La Karl du Pigné: “Merdeficient & la Tribù degli Opossum” (seconda parte)

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La Karl Du Pigné 03di La Karl du Pigné

Ben nascosta all’interno del palazzo di Merdeficient, la stanza di Guardemorin, adibita a ricevere delazioni e inviare notizie in tutto il Regno di Zabaglione e a tutti coloro coinvolti nella terribile manipolazione perpetrata nel corso degli anni, con l’aiuto più o meno consapevole del Granducato del Nord, era ingombra di fogli, foglietti, missive pronte a partire nelle varie direzioni delle vie consolari che dal Regno di Zabaglione si irradiavano verso i centri del potere della parola e della scrittura. Nessuno aveva il permesso di entrare in quella stanza. Perciò, quando come un uragano la ballerina di Siviglia entrò quasi ruggendo, Guardemorin ebbe un sussulto che non riuscì a dissimulare del tutto.

“Cosa sta succedendo?” gracchiò la voce monocorde di Merdeficient. “Chi ci sta facendo questo? Sono quei disgraziati Raccoglitori del Miele, vero? Gliela farò pagare, maledetti! “

Guardemorin, fine statista e attento diplomatico, da anni all’apice dell’organizzazione che gestiva il potere nel Regno, non lo contraddisse. “E’ certo che dietro tutto questo ci sia una regia e a niente sono valsi finora gli interventi delle nostre spie, sguinzagliate ovunque. Stiamo facendo il possibile per passare informazioni e notizie che mettano in cattiva luce i nostri nemici del Sud, ma…..”

Ma cosa?” urlò Merdeficient, in preda ad un attacco di bile. “All’ultimo appuntamento le tribù non mi volevano nemmeno alla riunione del Consiglio dei saggi e mi hanno quasi tenuto fuori dal gran ballo! Una situazione imbarazzante! Come hanno osato! Utilizza immediatamente i nostri amici affinchè dispensino veleno attraverso le loro bocche, fa’ in modo che il tarlo si insinui tra il popolo del Miele. Che vengano accusati di corruzione, che l’ombra del dubbio scenda pesante su di loro e sui loro amici e manda subito una spedizione carica di doni e, sai quello che intendo, di carne fresca al nord. E’ da mesi che il Gitano risponde in maniera evasiva, è ora che gli si ricordi che lo teniamo in pugno. Le nostre spie mi confermano che alla festa annuale non andrà, ma invierà suoi emissari e doni. Questo è inammissibile!”

“Sarà fatto” rispose Guardemorin, mentre guardava Merdeficient allontanarsi saltando come un ossesso. Rimuginò su quanto fosse pericoloso quello stato d’animo, quanto Merdeficient fosse sull’orlo di una crisi senza ritorno, quanto sottile era la linea che avrebbe potuto far ritrovare il Regno di Zabaglione solo e isolato. Fece un cenno al capo-guardia all’ingresso della sua stanza. “Preparami un trasporto sicuro e una scorta. Parto immediatamente per il Granducato.”

Merdeficient, per sedare i picchi ossessivo-compulsivi del suo sconfinato ego, riceveva giovani sudditi nelle sue stanze private. Disteso sul letto al centro della stanza, circondato da decine di specchi di varie forme e dimensioni, dai quali poteva guardarsi semplicemente girando l’occhio o con un piccolo movimento della testa, egli riceveva seminudo i giovanotti atterriti , coperto da sete orientali e alla luce di candele profumate. Il popolo incominciava a mormorare, molti erano ormai i casi di giovani ragazzi che, nonostante il divieto di parlare degli appuntamenti segreti, avevano raccontato degli incontri. Chi aveva parlato era stato allontanato, mandato in qualche guarnigione ai confini del regno e dimenticato.

Si avvicinava di nuovo la settimana dei festeggiamenti ai quali partecipavano tutte le tribù nomadi, i Regni, Granducati e Contee della Regione. Da anni ogni anno questa era la festa in cui tutti si incontravano, mangiavano, ballavano, in completa tranquillità. Era l’occasione per conoscere nuove persone, per instaurare nuovi rapporti commerciali e per scambiarsi informazioni. La diplomazia del regno di Zabaglione aveva per anni utilizzato questa occasione per gettare fango sui propri nemici e per continuare ad avere il primato tra le tribù. Ma l’inconsistenza di Merdeficient, le continue vessazioni alle quale egli costringeva le tribù, soprattutto quelle più piccole, avevano finito per logorare anche i capi tribù più pazienti e anche quelli che dalla relazione con il regno di Zabaglione ricevevano compensi e privilegi.

Merdeficient aveva tirato troppo il guinzaglio. Le tribù, che nei loro spostamenti da un Paese all’altro si incontravano durante tutto l’anno, avevano molteplici occasioni per scambiarsi notizie, opinioni e informazioni. Gli altarini privati e la demente linea diplomatica zabagliona, sebbene ancora potente, incominciava a mostrare le prime incrinature.

La faccia scura di Guardemorin, appena rientrato dalla missione nel Granducato del Nord, non lasciava presagire niente di buono. Con passo incerto e nervoso egli bussò alla porta di Merdeficient, attese il solito segnale e poi entrò, chiudendosi alle spalle la pesante porta di bronzo.

Merdeficient era seduto in mezzo al letto. “Portami buone notizie, mio fido amico”.

Guardemorin tossì due volte, imbarazzato. Fu il segnale: le spalle della ballerina di Siviglia dapprima sussultarono, poi ruppero l’aria della stanza in uno sfrenato balletto accompagnato dall’urlo disumano di Merdeficient, che si accasciò fremente sul letto.

“E’ ormai certo” disse Guardemorin con un filo di voce. “Non si tratta di un singolo attacco”. Con la voce rotta Guardemorin riportò a Merdeficient quello che aveva saputo dai colonnelli del Granducato: fonti da varie parti del Paese lo confermavano, le tribù si stavano coalizzando. Come schegge impazzite esse si riunivano, si organizzavano, mantenendo però un basso profilo. Ad ogni pausa del racconto di Guardemorin, Merdeficient si faceva più piccolo, più brutto e le sue spalle non ritmavano più la danza della ballerina di Siviglia, la balbettavano appena. E capì, in un attimo, che aveva perso. Allungò il suo corpo sulle sete orientali e lasciò scivolare la testa fuori dal letto, come un capretto pronto al sacrificio.

Le tribù avevano imparato proprio da lui l’arte del sotterfugio, dello sporco lavoro all’ombra, del chiacchiericcio sottoscala, del saper coltivare viscidamente i rapporti di potere a proprio beneficio. Adesso non si sentivano più braccate dal lupo, a loro volta erano divenute un branco famelico alla ricerca della propria libertà. Volevano affrancarsi da colui che per anni aveva tentato di essere riconosciuto come il capo della Regione, il Saggio che tutto conosce. Ma il tempo aveva reso visibile la pochezza dell’uomo e la sua sordidezza.

Era giunto il momento di una nuova era, che cominciava, come spesso accade, ricostruendo sulle ceneri di un grande incendio. Seduti su rudimentali scranni di legno in mezzo alla foresta, i capi di tutte le tribù, silenziosi e ieratici, comunicavano tra di loro semplicemente guardandosi. Un loro battito unisono di ciglia provocò la rottura di tutti gli specchi nelle stanze segrete di Merdeficient e diede il via a un colossale repulisti.

L’onda d’urto si mosse per tutta le Regione, spazzando via Merdeficient, il suo fido Guardemorin e tutti coloro che avevano per anni tramato al loro fianco. Di loro restò, isolato in mezzo al nulla, lo scheletro del palazzo che era stato distrutto dal fuoco, unico testimone di un passato ormai andato ma non dimenticato, rimasto in piedi a testimoniare che l’arroganza, la scaccenteria e l’abuso di potere pagano all’inizio ma poi ti chiedono il conto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(23 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

©La Karl du Pigné 2014
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