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Il Punto di Aurelio Mancuso. Gender, omofobia, sessualità: è ora di rispondere a Bagnasco con efficacia

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Aurelio Mancuso 00di Aurelio Mancuso  twitter@aureliomancuso

Le reti più reazionarie del cattolicesimo da qualche tempo hanno ingaggiato una battaglia campale sul tema del “gender” puntando tutta la loro azione al fine di bloccare qualsiasi formazione e informazione nell’ambito scolastico. Così da giorni Avvenire, la Cei, le associazioni familiari clericali suonano la gran cassa, organizzano flash mob, minacciano ministeri e amministrazioni locali, tramite i loro parlamentari presentano richieste di chiarimenti e di censure. Inseguirli sul loro terreno a volte è necessario, quindi, giuste sono le prese di posizione e la programmazione di contro manifestazioni, ma c’è una strategia che è assolutamente più vincente. La teologia facilona e retriva che mette in campo il sistema di potere clericale è assai agevole da smontare, proprio perché sostenuta non dal complesso dibattito interno dell’articolato mondo cattolico, ma da slogan un po’ ridicoli e misteriosi ai più.

Quanto popolo di Dio comprende la crociata del clericalismo italiano contro il “gender”? Poca cosa, anche perché ad ascoltare i maggiori oratori sul campo, rimangono sempre sul vago, pur strillando reprimende e pericoli apocalittici per le famiglie tradizionali.

La teoria del gender è assai semplice: oltre a essere uomo o donna, ci si può percepire differenti rispetto al proprio sesso biologico. La novità è inesistente visto che in molteplici culture dai nativi americani fino alle società indiane, attraversando tutti i continenti, l’esplicitazione di appartenere a un genere maschile o femminile, o a entrambi, indifferentemente dal sesso di nascita, è presente da millenni. E a ben vedere dentro la storia e anche la pratica quotidiana del mondo cattolico, il gender è ben presente, forse proprio per questo esorcizzato.

La gerarchia cattolica fa un’operazione culturale furbesca e che può nel lungo periodo se non far presa, perlomeno governare i termini del conflitto. Confondere l’orientamento sessuale con l’identità e il genere permette ai cardinali da una parte di omogeneizzarci e dall’altra di spaventare l’opinione pubblica meno preparata sul supposto pericolo di una società futura di predominio e indottrinamento del gender rispetto alla “naturale” differenza uomo donna.

Vogliamo seguire i preti italiani su questo terreno? Mi sembra una follia che non ci possiamo permettere.

Sono anni che le strutture vaticane tentano di buttarla in caciara, dovremmo ricordare che nel 2003 fu stampato il tremendo Lexicon, tomo poderoso rivolto agli educatori cattolici, che istruiva come contrastare una serie di termini e di azioni portate avanti dal “laicismo” mondiale, volte appunto a smontare la morale sessuale cattolica. Da allora la chiesa ha perso altro terreno, e con il declinare del papato del polacco e la parentesi disastrosa di Ratzinger, ha aggravato la sua lontananza rispetto alla quotidianità complessa, in primo luogo, proprio dei cattolici.

Il nuovo papato di Francesco, al netto di giudizi giustamente prudenti, ci fornisce l’occasione di porre la nostra azione su un livello adeguato.

Sicuramente poco interessate a controbattere alle farneticazioni dei vari Bagnasco sul terreno teologico (di materia ce ne sarebbe davvero molta) le reti e associazioni, non solo lgbt, non si devono limitare a difendere i cicli di formazione per insegnanti e studenti sull’omofobia, né tantomeno accontentarsi che in alcune centinaia di scuole italiane sia possibile parlare di omosessualità, transessualità, diritti e discriminazioni. Intendiamoci sono tutti fatti importanti, semmai da intensificare soprattutto se si riesce a mantenere nel tempo un rapporto di fiducia e di collaborazione con tutti i soggetti presenti nella scuola.

La nostra vera richiesta è che la scuola italiana preveda dentro i programmi scolastici percorsi formativi e informativi stabili per ogni ordine e grado di educazione alla salute e alla conoscenza di sé, al cui interno inserire, non tanto il rispetto, quanto la comprensione delle differenze, delle sentimentalità, delle sessualità. Senza una visione alta e capace di contrastare le retoriche pseudo cattoliche, ci ridurremo sempre a mettere in campo strumenti d’inefficace difesa, da traballante trincea.

Possiamo invece lanciare il guanto di sfida culturale non all’ossificata e impaurita masnada di vescovi italiani, ma alla politica che ne ha coperta sempre l’ingerenza nella scuola pubblica e privata, e anche a Bergoglio, che accortamente vuol tenersi lontano dalle dispute nazionali (la chiesa italiana è una vera spina nel fianco), ma che insiste, pur con toni più cauti, a sbandierare la superiorità morale cattolica.

Ad esempio ai continui attacchi alla legge 194 possiamo agevolmente rispondere che è causa dell’estrema opposizione della gerarchia all’educazione sessuale e all’informazione sui metodi anti concezionali se aumentano gli aborti tra le giovani donne.

E’ ora di uscire dall’angolo, costruendo alleanze e rispondendo in modo chiaro ed efficace al goffo tentativo d’indottrinamento degli studenti italiani.

Questi alti prelati, non paghi della scandalosa condizione di migliaia d’insegnanti di religione pagati dallo Stato e che sono scelti dal vescovo di competenza territoriale, del truffaldino meccanismo dell’8 per mille, che gli permette di fare propaganda in ogni dove sempre ai danni dell’autodeterminazione delle donne e delle persone lgbt, sono da contrastare con coraggio e serenità, proprio nel campo che fan credere essere di loro esclusiva competenza: la moralità e l’amore.

 

 

 

 

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