di Il Capo
Ricordate la notizia da noi pubblicata qualche giorno fa, Kenya, politici propongono di “corrompere i teenagers” per promuovere “il pestaggio dei gay” ?
Subito dopo la pubblicazione abbiamo chiesto via Twitter all’attivista LGBT kenyano Denis Nzioka di contattarci via email.
Dopo l’avvenuto contatto gli abbiamo chiesto di rilasciarci un’intervista sulla questione che lui aveva sollevato, pubblicata da Gaystarnews dal quale l’avevamo ripresa, ottenendo in risposta la promessa di risponderci entro brevissimo tempo.
Dopodiché il silenzio: nessuna risposta alle nostre successive email né ai nostri messaggi via twitter. Contemporaneamente un sito italiano lanciava una polemica (incondivisibile ed insopportabile nei toni autocelebrativi, ma assolutamente condivisibile invece per i contenuti e per la denuncia che riportava) rimandando ad una più attenta valutazione della notizie a carattere LGTB che provengono dall’Africa.
Se anche uno dei più conosciuti attivisti antigay del continente africano si rivela così inaffidabile da scomparire dopo avere promesso un’intervista per chiarire denunce da lui stesso riportate, cosa si può pensare? Sarà la paura a farlo tacere? O la poca trasparenza?
Quante delle notizie che abbiamo pubblicato sono vere? Le denunce che ci arrivano via email sono veritiere o gonfiate? Il protagonismo di certi attivismi LGTB insopportabilemente legato all’ego di chi si celebra attraverso di esso sentendosi “buono” nel denunciare il “cattivo”, fa più bene o fa più male?
Se nemmeno fare verifiche incrociate tra siti in più lingue serve a stabilire la verità su una notizia, che cosa stiamo qui a fare pensando di informare per aiutare se in realtà stiamo disinformando senza aiutare nessuno, nemmeno l’informazione?
Sono domande che ci siamo posti più volte nel corso degli ultimi giorni e che abbiamo posto ai nostri contatti in giro per l’Africa: il fatto che oltre all’attivista di cui sopra altre quattro persone con cui collaboravamo dall’inizio della nostra avventura quotidiana non rispondano più alle nostre email ci fa sospettare. E temere.
Anche da questi fatti dipenderanno alcune scelte editoriali che prenderemo in un futuro assai prossimo.
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