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Cronaca disperante di una cena informale e di foto di nudo inviate via social network come se fossero richieste

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Sportdi La Lurida  twitter@lalurida

In un prefestivo settimanale la cena gaia prima o poi ti tocca, che non puoi dire sempre no, che non puoi nemmeno sempre dire “guarda a me i gruppi di persona uniti per la sola appartenenza sessuale non piacciono molto”, a volte bisogna anche dire “okay, ma solo per stavolta”.

Vado. Un trionfo di parrucchiere, vetrinistre, disegnatrici, stiliste e artistucole; naturalmente loro si presentano come hair stylist, visual merchandiser, designer, fashion designer, contemporary artist, che l’anglofono fa tanto gay e aggiunge l’imbarazzo di chi non parla l’inglese, che non siam mica obbligati, così loro si senton “up-to-date”, dicevano negli anni ’80. E siamo ancora lì.

Disgraziatamente per loro io di lingue ne parla quattro, correntemente, scritto e parlato, più altre tre così così, ma mi faccio capire; garbatamente faccio notare errori di pronuncia. Gelo.

A tavola, tante cose: verdure, formaggi, salumi, insalate, un ricco buffet (“Ma no che sono grassa!”, si lamenterà una delle parrucchiere, scusate hair stylist, salvo poi rimpinzarsi come una scrofa) e il via alle danze. Chiacchierecce. Di cosa si parla?

Di peni, di dimensioni, di posizioni orizzontali, verticali o carpiate, insomma, di tutto ciò che si contesta quando a parlarne è il popolo eterosessuale tanto vituperato; si parla di quanto si odiano quei maschioni che giocano a quello sport imbecille che è il calcio (ricordate La Volpe e l’Uva, no?).  Dico che io amo moltissimo il calcio. Gelo. E anche il rugby.

La battuta arriva: “Non è che guardi lo sport per via della cosce dei giocatori?” (jojojojojo, this is very amusing); rispondo: ” Ammetterete che in certe cosce c’è più sostanza che in molti cervelli”. Gelo.

Poi la discussione si sposta, naturalmente, su quello che fanno a letto i calciatori, perché sicuro che quello l¡ è gay e sicuro che anche quell’altro, a ma anche quell’altro che io l’ho visto e secondo me quel negretto lì, ah ma sotto quelle docce, chissà cosa fanno, insomma la ripetizione pedissequa dei pregiudizi eterosessuali sui gay, ripetuti senza censura, senza inibizione, senza pudore. E senza cervello.

Si chiude la discussione sul calcio con l’aforisma: senza il calcio si vivrebbe molto meglio. Commento che l’unica cosa realmente necessaria a questo mondo sono parrucchiere (scusate hais stylist) volgari e senza argomenti. Gelo.

L’incubo finisce. Chiedo ai miei ospiti, scusandomi, di non invitarmi più a questi incontri tra inutili contenitori di stupidità. Tornando a casa dico al mio compagno, con cui la sera successiva guarderò la Champions League, che sono proprio contento di essere un uomo che ama gli uomini e di passare il mio tempo, quando non scrivo, a fare con il mio uomo delle cose da uomini, senza dedicarmi alla ripetizione di patetiche imitazioni di stereotipi gay in cui certi uomini vogliano incasellare gli omosessuali.

La risposta del mio compagno è lapidaria: avessero perduto un quarto del tempo che impiegano per apparire,  a lottare per i loro diritti, avremmo risolto il problema delle nostre unioni.

Naturalmente il giorno dopo, e senza richiesta, arrivano foto di nudo non richieste con inviti a partecipare a cene “più intime” per “conoscersi meglio”. Naturalmente con richiesta di discrezione e riservatezza, che è la stessa che gli scriventi manifestano nelle loro occasioni mondane.

Risposta: “Io e mio marito, ci bastiamo”.

 

 

P.S. Firmo l’articolo La Lurida, perché questa è la testimonianza di un amico scrittore che vive non lontano da Roma e che, per ragioni personali, vuole mantenere anonima la sua identità, ma che mi ha pregato di raccontarvi la storia, cari lettori di Gaiaitalia.com. Perché il mio amico lo sa che Lurida sì, ma scema no.

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