Si è aperta la nuova stagione espositiva del Museo Fortuny di Venezia con tre proposte, una per piano. Una proposta un po’ più sobria di quella dell’inverno scorso, quando il palazzo era intasato da
troppe presenze, talvolta stridenti l’una con l’altra. In questa occasione gli spazi sono ben separati, ed in più c’è un filo sottile che unisce le tre esposizioni. Si inizia al pian terreno con L’Automa di Paolo Ventura, un’ opera narrativa che consta di diverse grandi fotografie rielaborate che sono altrettanti capitoli della storia che l’artista milanese ha costruito su racconti famigliari: quello di un anziano ebreo veneziano amante dei libri e degli automi che decide di costruirsi un amico meccanico che lo saluti brindando con lui al suo ritorno a casa. La sua vita e quella di Nino – l’automa – verranno sconvolte dai rastrellamenti nazisti… L’uomo aveva avuto un sogno premonitore che noi vediamo come una evocazione della storia di Giona, (niente paura, riusciranno a salvarsi). Terminato il racconto, eccoci di fronte a due case tridimensionali di diverse dimensioni, altrettante maquettes delle scenografie di questo set. Successivamente, due vetrine con piccole sculture rappresentanti l’uomo ed il suo automa, e una ”casa di bambola”; attraverso un foro vediamo in soggettiva cinematografica la stanza dell’uomo, e da ultimo un pannello con piccole foto delle immagini appena viste, affiancate da appunti, come si trattasse di un ”libro di bordo”. In chiusura un’ultima stanza cui si accede come in un piccolo teatro e dove c’è di tutto: bambole, uccelli impagliati, teatrini, maquettes, quasi una wunderkammer della fantasia dell’artista che comprende anche le evocazioni di Casorati e Donghi! Un lavoro di grande intensità ed emozione, una finta-vera storia fra Golem e Pinocchio, che si avrebbe desiderio di ascoltare ancora, e si può: se si fa il percorso a ritroso è possibile ricominciare subito. Saliti al primo piano nobile, ci troviamo immediatamente in un arcobaleno di colori e di disegni fantasiosi, riconoscibilissimi della cifra della stilista veneziana Roberta di Camerino. Armadi aperti sono stipati di abiti bellissimi, altri sono elegantemente mostrati su manichini, ci sono molte borse famose, in una vetrina sono assieme al calco della testa amarniana di Nefertiti, chissà che cosa ne direbbe l’antico scultore Tutmosi – uomo di grande gusto – probabilmente apprezzerebbe! Un manichino da pittore in grandezza umana, pacatamente seduto su di una cassapanca, ha al braccio, una borsa dalla “R” inconfondibile! Ci sono ariosi ombrelli e due bellissime sale dedicate agli abiti ”trompe l’oeil”, ed in una di queste un’intera parete di magnifici foulards… E dopo avere incontrato cassapanche rigurgitanti di stoffe, ecco la sorpresa di incontrare alle pareti opere di Depero ed altri artisti. Al secondo piano nobile, l’installazione, ricerca naturalistica di Michelangelo Penso, intitolata Circuito Genetico. Tutte le esposizioni sono allestite con le consuete attenzione e sensibilità, da Daniela Ferretti; saranno aperte al pubblico fino all’8 Maggio. Un delizioso, piccolo e ricchissimo catalogo dedicato a Roberta di Camerino, è stato pubblicato a cura dei Musei Civici Veneziani.
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)