di Mila Mercadante twitter@mila56170236
La rissa avvenuta a bordo di un barcone di migranti dà la stura a un nuovo concerto di invettive contro i disperati che arrivano sulle nostre coste, e forse riesce anche a raffreddare i cuori di quanti finora hanno considerato indiscutibile l’obbligo morale di accogliere gli ultimi della terra che fuggono da guerre e fame. Che facciamo, ci prendiamo in casa individui che odiano i cristiani ?, è la domanda scontata che l’opinione pubblica è sollecitata a porsi. Cosa è accaduto lo sappiamo tutti: un gruppo di musulmani africani ha gettato in mare nove cristiani che stavano pregando il loro dio e se i compagni di viaggio non avessero formato una catena umana a difesa dei cattolici, altri avrebbero subìto la stessa sorte. Non è la prima volta: liti del genere purtroppo si sono già verificate durante le traversate, ma è evidente che il momento giusto per parlarne e per aprire un dibattito sui media arriva proprio adesso, nel periodo in cui gli sbarchi stanno aumentando in una maniera che è insostenibile non per il numero di ingressi ma perché essi si concentrano tutti in due, tre regioni italiane. Un brutto episodio di intolleranza fra poveri assurge improvvisamente a un livello più alto, diventa caso emblematico, supporta larvatamente l’ideologia che contrappone due religioni, due culture, e quindi genera allarme.
Che vergogna l’Europa: da anni avrebbe dovuto rivedere le proprie politiche estere e avrebbe dovuto e potuto più semplicemente trovare soluzioni razionali ed eque ad un problema gravissimo, invece ha sempre mostrato di infischiarsene. Recentemente una trattativa di collaborazione che consentisse di evitare la concentrazione di profughi in Italia è saltata perché molti Stati europei chiedevano garanzie sulla temporaneità dell’eventuale accoglienza da parte loro. Col trattato di Dublino la zona nord del continente si è messa al riparo e ha voltato la faccia da un’altra parte, salvo far la voce grossa quando s’accorgeva che dall’Italia lasciavamo scappare di tanto in tanto gruppi di profughi che non vedevano l’ora di arrivare in Svezia, in Germania o in Danimarca, visto che il nostro paese per i migranti non è la destinazione finale, è solo un transito. Il trattato di Dublino, che non avremmo mai dovuto accettare e firmare, stabilisce che gli Stati nei quali i disperati arrivano sono i soli obbligati a occuparsene e ad accoglierli. E dov’è che arrivano a migliaia? In Italia, in Grecia, in Spagna. Durante il semestre europeo non abbiamo saputo far altro che affrontare la questione chiedendo e ottenendo che all’operazione Mare nostrum si sostituisse l’operazioneTriton, molto meno costosa per l’unione europea e utile a far finta di non vedere barconi e gommoni che siano lontani oltre le trenta miglia dalle coste. Praticamente alla ricerca e al soccorso di esseri umani s’è rinunciato volentieri in favore della difesa del territorio. Che soluzione è? Irrazionale, inefficace e vilmente disumana. Di tutti coloro che sono morti prima di giungere a destinazione non sappiamo più niente, per non parlare delle violenze e delle pesanti violazioni dei diritti umani che si stanno verificando nel silenzio generale vicino alle frontiere militarizzate di Grecia e Spagna, dove di solito i migranti arrivano via terra.
Che vergogna anche l’Italia: obbedisce alle regole dell’eurozona a modo proprio, lucrando, sprecando fondi, trattando le persone come fossero bestie (eccezioni a parte) e sequestrandole ben oltre il tempo dovuto in luoghi di detenzione nei quali spesso mancano l’acqua per lavarsi e coperte per riscaldarsi. La responsabilità per la legge Bossi-Fini non impedisce a Salvini di parlare alle pance degli italiani come se il suo partito fosse vergine, estraneo al problema. Il nostro governo intanto non ha chiesto la revisione del trattato di Dublino, e non la chiederà in futuro. Si espone in Libia senza criterio e senza memoria, non affronta con equilibrio quella che è una vera e propria emergenza umanitaria e non riesce neppure a gestire con lucidità e con i mezzi adeguati i cosiddetti e summenzionati centri di accoglienza, né a far funzionare la macchina dei censimenti.
Aspettiamoci altre soluzioni temporanee e umanamente discutibili al problema dei flussi migratori: si dirà che sarà necessario rafforzare Triton o impedire le partenze, si cercherà – non si capisce come – di bloccare i fuggitivi a casa loro. Libano e Giordania – mentre noi dichiariamo forfait perché sono arrivati 23 mila migranti in 4 mesi – ospitano complessivamente 1 milione e 600 mila profughi. Lottare contro le disuguaglianze che sempre più dividono il nord e il sud del mondo non è nell’interesse delle politiche neoliberiste, e da quel che vediamo nessuno ha intenzione di adoperare risorse e strategie per modificare i meccanismi che producono e accentuano le disparità. Noi siamo tutti corresponsabili di ciò che accade nei paesi africani e nel Medio Oriente, ma siamo sempre pronti a usare parole come “olocausto”, “strage” ed “eccidio” se si tratta di cose nostre, di cristiani, di occidentali. Tutti gli altri, i paria della terra, crepino pure alla rinfusa a casa loro, in acqua o mentre sono in cammino verso l’Europa, quella terra ricca di storia e di memorie che Renzi definisce il faro del mondo.
(18 aprile 2015)
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