di G.G.
Mentre le corazzate Mediaset hanno già iniziato il processo di beatificazione dell’appena scomparso Charlie Kirk, ucciso con un colpo d’arma da fuoco (scatenando l’odio di Trump – quattro giorni di lutto nazionale e il solito infuocato discorso alla nazione) con inni alla barbarie della morte dell’astro nascente 31enne, sposato, due figli e toni come caos (ripetuto 12 volte nel corso di cinque minuti), nasce una riflessione condivisibile o no.
Con tutto il rispetto per l’avvenimento e per lo scomparso, tocca pensare che a furia di invocare odio e inneggiare all’odio poi succede che l’odio ti incontri (non solo a beneficio dei TG di parte, che pensando di essere il sacro inviato da Betlemme decide per la beatificazione via digitale), e che tu rimanga lì, nella polvere, a dimostrazione che essendo la vita solo un continuo imprevisto tanto varrebbe spenderla per il bene, quello vero, senza perdere tempo a fomentare odio, divisioni, a sposare ideali di dubbia utilità a favore di una maggiore giustizia sociale, di una maggiore equità, di una nuova educazione che sposi la cultura e il rispetto dell’altro partendo dalle differenze e non lo squadrismo da gregge sotto sigle che beneficiano un singolo fingendo di esaltare la collettività.
Si dice per i vivi, sia chiaro. Perché il rischio di credere nell’inumanità con fede cieca è alto. Altissimo. Porta persino a morire.
(11 settembre 2025)
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