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Milano vicino all’Europa, io la penso così

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di Marco Biondi

Lucio Dalla, tra i suoi capolavori, decise di dedicarne uno proprio a Milano. Magari non la sua canzone più famosa, ma come quasi tutte le sue canzoni, densa di significati e capace di generare emozioni.

Milano vicino all’Europa era proprio l’incipit, perché, già allora, quasi vent’anni fa, Milano dimostrava quella capacità di essere avanti, rispetto al resto delle grandi città italiane, ed era quella che, più di altre, se non l’unica, si poteva vantare di essere definita una capitale europea.

Il bello è che, negli ultimi vent’anni, da allora, non solo Milano si è avvicinata all’Europa, ma è diventata una città tra le più frequentate, celebrate, ricercate in Europa. Se vent’anni fa tanti ragazzi andavano a Berlino che era conosciuta come una città moderna, giovane, piena di vita, di risorse, di “glamour”, da qualche anno a questa parte si può tranquillamente dire che, numeri alla mano, Milano l’ha non solo eguagliata, ma anche superata. E lo ha fatto con coraggio, con determinazione, con quella tenacia senza le quali, anche Milano, sarebbe stata trattenuta tra le sabbie mobili delle infinite burocrazie italiane.

Aveva cominciato con l’amministrazione Pisapia, la prima amministrazione riformista e progressista dopo tanti anni di dominio conservatore e leghista. Pisapia fu capace di dare quella svolta che nessuno tra chi l’aveva preceduto dai tempi del Craxismo, era stato capace o aveva voluto dare.

La scelta poi di rivolgersi ad un manager proveniente dall’imprenditoria privata, ha consentito di avere alla guida della città qualcuno che fosse capace di portare avanti il suo programma di innovazione e progresso con un approccio che, seppure nel rispetto di Leggi e regolamenti, riuscisse a non rimanere invischiato nei lacci e lacciuoli della conservazione. Beppe Sala è stato questo: qualcuno che è riuscito a creare delle squadre che mettessero insieme amministratori pubblici, imprenditori, esperti ambientalisti, per la realizzazione di progetti che, nel rilanciare la città, migliorassero la vita delle persone, la qualità dell’aria, la vivibilità in generale della città. Ci è riuscito? A giudicare dai risultati, sembrerebbe di si, anche se l’ultima parola sul rispetto della legislazione corrente, spetta alla magistratura.

Beppe Sala è stato iscritto nel registro degli indagati, ma senza che fosse necessario che ne venisse informato. L’ha saputo, come spesso purtroppo accade, dai media. Il fatto che non fosse necessario che gli venisse notificata l’iscrizione è motivato dall’assenza, al momento, di alcuna necessità di fare indagini nei suoi confronti.

Questi i fatti. Gli inquirenti vogliono accertare che il lavoro in sinergia con l’imprenditoria che è stata coinvolta nello sviluppo urbanistico e immobiliare della città, non celi episodi di corruzione. Regolare, direi.

Quello che non è regolare è che i partiti della maggioranza di governo – minoranza nell’amministrazione meneghina – pieni di indagati e di condannati (cito solo il ministro Santanchè, giusto per dare una dimensione allo scandalo) ne chiedano le dimissioni. È troppo gustoso il bocconcino e l’idea di poter tornare al voto a Milano evidentemente arride a molti. Purtroppo, anche a qualcuno che è, ancora, nella maggioranza che gestisce la città. Ma questo è sintomo dello squallore della politica.

Quante indagini che avevano come protagonisti eminenti esponenti della politica sono finite con piene assoluzioni? E quanto, l’accanimento dei giustizialisti è costato a quei ministri o sottosegretari o esponenti di partito, che per coerenza hanno pensato fosse giusto dimettersi per poi avere la conferma che nulla potesse essere a loro addebitato?

Quanti chili di inchiostro si stanno spargendo nei media per mettere sotto accusa “il sistema Milano”, senza che, ancora, esista la minima prova che, forse, qualche violazione alla legge c’è stata? E quanto poco inchiostro verrà speso quando sarà il momento di comunicare che “il sistema Milano” era assolutamente lecito anche se, forse, qualcuno non in prima fila, se ne è approfittato per qualche piccolo guadagno personale?

Io sono abbastanza convinto che questo sarà l’epilogo. Può darsi che mi sbagli, ma non mi sentirei a posto con la mia coscienza se non insistessi perché, prima di emettere sentenze di condanna solo per antipatia o convenienza politica, la magistratura finisse di fare tutte le verifiche necessarie.

In un Paese nel quale il figlio del Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, viene nominato Presidente dell’ACI e nessuno ci trova nulla di strano, un ministro, si ancora Santanchè, viene indagata per truffa ai danni dell’INPS e rinviata a giudizio, si può avere il coraggio di chiedere le dimissioni di un Sindaco per il quale la magistratura non ha ancora nessun motivo di indagare nei suoi confronti?

Il Paese di Pulcinella dirà qualcuno. Ebbene si, ma Napoli non c’entra.

Ma tornando a Lucio Dalla, mi piace citare un’altra frase della sua canzone: “Milano che ride e si diverte, Milano a teatro, un ole’ da torero, Milano che quando piange, piange davvero” nella speranza che tutto questo cancan non porti i milanesi a piangere di nuovo  per aver perso una guida che tanto di buono ha portato loro. Perché, se ci sono, come ci sono, problemi di sicurezza e di altre periferie da recuperare, non pensiate che ci possano essere altri “Formentini” o “Letizia Moratti” o “Matteo Salvini” che sarebbero stati capaci di fare meglio.

Almeno, io la penso così.

 

 

(22 luglio 2025)

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