La vita delle persone in Sud Darfur, Sudan, è devastata da violenza, forte insicurezza e fame. È quanto emerge dal nuovo rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) “Voices from South Darfur” (PDF in inglese), che illustra come la violenza dilagante, un sistema sanitario in rovina e una risposta internazionale inadeguata abbiano spinto oltre il limite le capacità di sopravvivenza delle persone.
“Le voci e le storie delle persone riflettono la sofferenza, gli abusi e le crudeltà subiti dalle comunità del Sud Darfur, ma anche la loro resistenza e compassione” dichiara Ozan Agbas, responsabile delle emergenze di MSF in Sudan. “Ormai non c’è più alcuna protezione per i civili e gli aiuti umanitari sono insufficienti, le persone nel Sud Darfur chiedono di essere ascoltate, chiedono azioni concrete”.
Dal 2023 il Sud Darfur è teatro di intensi combattimenti urbani, che hanno provocato la distruzione di ospedali e infrastrutture essenziali. La presenza umanitaria, che prima dell’inizio della guerra civile nell’aprile 2023 era significativa, è rapidamente diminuita con l’intensificarsi dei combattimenti. Sebbene al momento i combattimenti sul terreno siano cessati, l’insicurezza persiste: le persone continuano a essere vittime di gravi violenze lungo le strade, nei campi, nei mercati e persino all’interno delle proprie abitazioni. Sono frequenti anche le segnalazioni di detenzioni arbitrarie, furti e saccheggi. Inoltre, sia il Sud Darfur che altre aree del Sudan, continuano a essere colpite da attacchi aerei e droni.
Ad aggravare la situazione, anche la violenza sessuale dilagante: solo tra gennaio 2024 e marzo 2025, MSF ha fornito assistenza a 659 persone sopravvissute ad aggressioni sessuali. Il 56% di loro ha dichiarato di aver subito violenza da parte di persone non appartenenti alla popolazione civile.
“Quando noi donne cerchiamo di uscire dal campo per sfollati per procurarci da mangiare e coltivare la terra ci picchiano, ci torturano… Non c’è modo di uscire. Mia cugina è stata violentata da 6 uomini qualche giorno fa. Non riesco a sentirmi al sicuro, se esco, so che sarò violentata” ha raccontato una donna di 25 anni, residente in un campo per sfollati nel Sud Darfur.
Diverse persone raccontano ai team di MSF della forte paura e preoccupazione anche nei bambini, descrivendo il proprio sentimento di impotenza e umiliazione davanti all’evidenza di non poter fare niente.
“Le nostre fattorie sono completamente distrutte – non abbiamo più nulla. Mio marito è stato ucciso quattro mesi fa. Ora non ci è rimasto più niente” racconta una donna sfollata di 21 anni allo staff MSF nella località di Beleil. “Non mangio nulla da 3 giorni… Non so cosa mi potrebbe succedere se tornassi a casa. Ho paura, perché le persone che hanno ucciso mio marito potrebbero uccidere anche me”.
La violenza degli scontri ha completamente eroso il sistema sanitario. Accedere a un’adeguata assistenza sanitaria è praticamente impossibile per una serie di fattori: le strutture sanitarie sono state distrutte, danneggiate o abbandonate; il personale sanitario è fuggito o non riceve più alcuno stipendio; le forniture mediche sono assenti o interrotte; infine, la popolazione locale non può permettersi i mezzi di trasporto per raggiungere le poche strutture ancora operative.
Il clima di forte insicurezza ha come conseguenza diretta la fame, poiché la minaccia di violenza ha interrotto l’accesso ai campi e alle fonti di reddito. Tra gennaio 2024 e marzo 2025, i programmi di MSF in Sud Darfur hanno assistito oltre 10.000 bambini sotto i 5 anni con malnutrizione acuta e fornito cure nutrizionali a migliaia di donne e ragazze incinte o in fase di allattamento.
La crisi nutrizionale è destinata a peggiorare ulteriormente con l’arrivo imminente della stagione delle piogge e del periodo di carestia. Con il costo del cibo alle stelle, molte famiglie riescono a mangiare solo 1 volta al giorno, e a volte neanche quell’unica volta. “Dipendo solo da ciò che riesco a procurarmi giorno per giorno” ha raccontato ai team MSF una donna di 24 anni nel campo sfollati di Al-Salam. “Se riesco a trovare qualcosa, mangiamo. Se non trovo nulla, non mangiamo. La mia vita ormai va avanti così”.
Dall’inizio della guerra, la risposta da parte delle organizzazioni internazionali e delle agenzie delle Nazioni Uniti è stata scarsa, discontinua e lenta nel raggiungere il Sud Darfur, come ha spiegato una donna di 23 anni a Nyala, nel novembre 2024: “Abbiamo sentito che le organizzazioni internazionali aiutano la gente, ma a noi nessuno ha mai portato nulla”.
Ci sono stati alcuni segnali di miglioramento, le agenzie delle Nazioni Unite stanno studiando nuovi modi per far arrivare gli aiuti umanitari nel Sud Darfur. Anche le ONG stanno aumentando gradualmente la loro presenza e le attività sul territorio. Tuttavia, a causa di gravi limitazioni di accesso, le Nazioni Unite non sono ancora presenti in Sud Darfur per guidare e coordinare la risposta umanitaria a oltre 2 anni dall’inizio del conflitto, e le ONG si muovono lentamente e con cautela.
Le comunità locali stanno lavorando insieme per far fronte agli effetti della violenza. I vicini si sostengono a vicenda condividendo il cibo. Gruppi di giovani rimuovono macerie e ordigni inesplosi dai campi e dalle strade, acquistano medicinali per le persone sfollate nei loro quartieri. Gli insegnanti lavorano gratuitamente in edifici saccheggiati. MSF ha sostenuto iniziative delle comunità locali per gestire cucine comunitarie, offrire pasti ai bambini delle scuole e supportare i presidi sanitari gestiti da volontari. Sono state riabilitate alcune strutture sanitarie e sistemi idrici. Inoltre, MSF ha realizzato un programma per la distribuzione di cibo a 6.000 famiglie in diverse località del Sud Darfur.
Questi programmi dimostrano che è possibile sostenere le iniziative locali quando si uniscono determinazione, creatività e disponibilità ad assumersi dei rischi. “Le organizzazioni locali in Darfur possiedono la conoscenza del territorio e della comunità e le competenze per fornire servizi essenziali. Fornire alle organizzazioni locali risorse, finanziamenti e conferire loro più potere decisionale può fare una grande differenza per salvare vite umane” conclude Agbas di MSF.
(5 giugno 2025)
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