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Cosa non si capisce nella frase: “L’egemonia culturale non si ottiene manu militari”?

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di Vittorio Lussana

È paradossale che non ci si accorga, in Italia, di come si siano materializzate le disperate profezie pasoliniane: quelle che paventavano il rischio di un vero e proprio tracollo culturale italiano. Ed è ancora più paradossale osservare quanto non ci si renda conto che la colpa di tutto ciò sia addebitabile alla mentalità delegante degli italiani, da sempre impegnati in una corsa demenziale verso l’irresponsabilità.

E’ indubbiamente vero che la perdita dei valori sociali sia avvenuta prima per mezzo della televisione e, oggi, venga ancor più aggravata dai social network, i quali hanno spinto tutti noi verso l’edonismo omologativo. Tuttavia, anche la critica professata a sinistra è una derivazione falsa del principio di solidarietà, poiché i problemi non vengono affrontati sotto il profilo di una riqualificazione dell’istruzione pubblica, in grado di sfociare in una riscoperta della professionalità, persino di quella imprenditoriale.

Se non verranno forniti strumenti validi e innovativi è assai difficile che una nuova Levi Montalcini, un nuovo Eduardo, un nuovo Roberto Rossellini emergano da un contesto socioculturale totalmente devastato, che premia esclusivamente la fedeltà politico-feudale, rinunciando a ogni forma di effettivo nutrimento culturale. Ecco perché, già da vari decenni, i nostri giovani vengono posti di fronte a un’unica alternativa: adeguarsi a una formazione che non servirà loro a nulla e che li condurrà direttamente verso l’afasia, oppure abbandonare questo Paese.

Per svelenire il clima non ci sarebbe alcun bisogno di particolari lezioni morali, bensì di una maggior consapevolezza politica, culturale e identitaria. Invece, la situazione attuale è colpevolmente caratterizzata da un nucleo clericofascista che sta riducendo il Paese in un vero e proprio cortile, isolato dal resto del mondo.

Il tema dell’egemonia culturale viene affrontato, dalle nostre destre sovraniste, tramite l’occupazione manu militari di posti e collocazioni di vertice, secondo una logica puramente burocratica della cultura. Ma così facendo, non ci si rende conto che non si riuscirà a incidere minimamente sul panorama culturale italiano. Bisognerebbe, invece, partire dalle fondamenta. E cioè dall’istruzione e dalla scuola, la quale, per interi decenni, è stata variamente inondata di testi e manuali assolutamente sermoneggianti: altro che egemonia culturale della sinistra!

Noi li ricordiamo i sussidiari su cui ci siamo formati: erano i testi di Fanciulli, Anguissola e Visentini, sponsorizzati direttamente dall’Azione cattolica, mentre nulla veniva fatto per assecondare un fondamentale istinto alla lettura dei ragazzi. L’attenzione dei democristiani si è sempre concentrata sui testi di letteratura coatta: sulle Antologie ginnasiali, in buona sostanza. Le quali hanno letteralmente assassinato ogni forma di sapere eclettico e di passionalità giovanile alla lettura formativa, nell’idiota convinzione che un semplice marchio di convalida ministeriale potesse renderle dei formidabili veicoli di trasmissione dei principi cristiani.

L’egemonia culturale non si stabilisce dall’alto di uno scranno di governo, né con l’occupazione dei meglio posti di potere: i democristiani ci hanno sbattuto il naso per decenni su questo punto. Persino i figli della borghesia cattolica sono diventati attori, registi, intellettuali e giornalisti di sinistra o, quando andava bene, laico-progressisti. Nel mondo del cinema lo si vede espressamente: un conto è possedere una buona rete di distribuzione e grandi mezzi di proiezione, ben altro disporre di attori, autori, registi e sceneggiatori preparati e di talento.

Su questo fronte, la sinistra non si batte: è una battaglia persa, mi dispiace. Le destre italiane, culturalmente statiche, non possiedono né il respiro culturale, né le capacità professionali per confezionare prodotti quanto meno dignitosi, sotto il profilo artistico. Pertanto, questa storia dell’egemonia culturale è destinata a provocare solamente cortocircuiti, poiché la cultura di destra non riesce a far altro che avvalersi di apparati difensivi e censori, restando cronicamente debole su quello delle attitudini creative, artistiche e propositive. Ci prendevate per i fondelli, perché scrivevamo canzoni e poesie alle nostre fidanzatine? Bene: voi, invece, siete rimasti fermi e immobili come delle statue di marmo, oggi colorate unicamente dal guano dei piccioni.

Sotto la superficie di un’apparente uniformità, nella destra italiana cova, da sempre, un’invidia cieca verso il mondo della cultura italiana, proprio a causa della loro visione gerarchica, quasi esclusivamente preoccupata di giudicare, occultare e condannare con dileggio ogni forma di elaborazione di nuovi linguaggi comunicativi. Ma il Male, amici cari, lo si combatte solamente mettendone a nudo gli aspetti più crudi, o più semplicemente guardando in faccia alla realtà, non rappresentando una società irreale, bugiarda e caramellata.

E ciò vale anche per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: lo tenga bene a mente anche lui.

 

 

(16 maggio 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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