di Giancarlo Grassi
Matteo Salvini è notoriamente e furiosamente contrario al riarmo dell’Ue contro la Russia – non certo per spirito pacifista – tuttavia ritiene assolutamente necessario il Ponte sullo Stretto per garantire un potenziale e più veloce “passaggio delle Armi” just in case, secondo necessità, per lui che parla tanto bene l’inglese, quasi meglio di Renzi.
Anzi, diremo di più, all’unisono con la premiata coppia Meloni-Salvini, “Il Ponte strategico per la Nato, servirà per le truppe e i mezzi”, citando Repubblica. Dunque siamo di fronte all’ennesima giravolta salvinata filo-Trump. HCe finge di ignorare che se lì ci fosse un ponte e scoppiasse una guerra contro l’Italia, quel ponte sarebbe la prima opera ad andare giù. In mare, per dirla chiara.
Per fortuna c’è Bonelli che si incazza, e sono tutto un tremore al Governo, perché Bonelli le sue bordate le spara bene: “Una follia — attacca il co-leader di Avs — si sono inventati l’interesse militare per superare i vincoli ambientali europei”. Un’intuizione straordinaria. Come se fosse la prima volta.
Dunque, per far passare il ponte oltre i vincoli dell’Ue – un’opera straordinaria che parte da Bruxelles per fregarci a Messina – il ponte diventa opera militare «strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato». Fondamentale in caso di scenari di guerra «per il passaggio di truppe e mezzi». Più statisti di così si muore: ora, dopo mesi e mesi di silenzio, la premier Giorgia Meloni e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini definiscono la realizzazione dell’opera “imperativa e prevalente per l’interesse pubblico” con un amplio interesse “strategico”. Insomma Salvini si è accorto che qualcuno sta facendo la guerra. E se si guarda intorno si accorge che a farla non è Meloni, non siamo noi, e nemmeno quelli che contestano, ma è qualcun altro: qualcuno che lui difende a spada tratta, ad averla, quando gli fa comodo.
Certo quando parlano del passaggio di truppe e mezzi bisogna vedere a quale nazione si riferiscono: dubitiamo che parlino della stessa sponda oceanica. Una parla dell’Atlantico e l’altro probabilmente guarda a Vladivostock. A tredici fusi orari di distanza. Piccolezze.
Morale della favola, dal documento appena inviato alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, l’Europa dovrebbe quindi prendere atto dell’impossibilità di rispettare le norme in materia di incidenza ambientale e non imporre, anche se potrebbe, lo stop ai cantieri. Insomma appena tornata da Washington dopo avere mantenuto l’equilibrio richiesto, ha subito presentato il contro a Bruxelles. E c’è ancora chi si ostina a considerare Meloni un’incapace. Questa è un’avversaria formidabile per le opposizioni che, o affilano le armi e cominciano a capire cosa va fatto, o staranno all’opposizione per altre due legislature oltre a quella in corso.
(19 aprile 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)