di Paolo M. Minciotti
Il mal di pancia di chi soffre di mal di pancia per missione è una malattia incurabile, ma niente affatto rara. C’è il mal di pancia contemporaneo, quello che si manifesta quando il rospo è troppo difficile da ingoiare; c’è il mal di pancia retroattivo con effetti sul futuro, legato generalmente alla ricezione di alcune email che sparino a zero su qualcosa che si pensa possa avere qualche valore politico; c’è quello futuribile, quello cioè che analizza come può il presente, con i pochi mezzi che ha, e ha il mal di pancia preventivo per quello che lui e solo lui pensa potrebbe succedere.
Il mal di pancia da distrazione di massa ha volte ha anche argomenti convincenti, ammesso che non lo utilizzi una presidente del Consiglio troppo equilibrista, e che ci siano argomenti – ma la presidente equilibrista ne ha sempre meno, da qui il lanciarsi su questioni storiche decontestualizzandole per farne strami a uso e consumo di chi la vota già. Perché tra mal di pancia e genio la relazione è strettissima. Ci sono quindi i mal di pancia linguistici, come quelli che in nome di qualche decina di email ricevute invocano una maggiore chiarezza nella comunicazione dando la colpa a asterischi e schwa, si rileggessero le circolari, così per farsi due risate.
Poi c’è il mal di pancia da opposizione: uno dei peggiori. E’ quello che ti porta a montare una gazzarra raccapricciante partendo da un giustissimo punto di vista per poi trasportarti, a suon di sei mozioni differenti (sei), verso il solito navigare a vista che poi provoca altri mal di pancia da opposizione: i mal di pancia di quelli che l’opposizione la votano ancora convinti di far bene, nonostante l’opposizione faccia di tutto per dimostrare a elettrici ed elettori il contrario. E partendo da un punto di vista oggettivamente giusto, riesce a ridicolizzarsi in rigagnoli da mal di pancia.
Insomma c’è un mal di pancia per tutti in questa Italia dove persino il mal di pancia odora di missione; per dirvi di cosa odora la missione di cui in troppi si auto-investono, non c’è certamente bisogno che io continui a scrivere.
(21 marzo 2025)
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