di Claudio Desirò
Domenica scorsa in Sardegna si è consumato il primo appuntamento elettorale della lunga serie che ci attende questa primavera e che sfocerà nelle Elezioni Europee del prossimo Giugno e, come ad ogni consultazione, nei giorni a seguire si sono rincorse letture dei risultati contrastanti in cui, ognuno a suo modo, ha proclamato una vittoria o ha analizzato la sconfitta.
In pochi, però, hanno affrontato un’analisi più approfondita dell’esito del voto, a partire da un dato evidente che sottolinea la distanza tra il dibattito politico ed il Paese reale: quasi la metà degli aventi diritto ha preferito l’astensione. Un dato allarmante, in linea con i dati e la tendenza generale, che descrive come la metà della società contemporanea si senta, di fatto, priva di rappresentanza e distante dalla volontà di partecipazione al processo democratico. Una situazione di cui la politica nazionale, impegnata in dibattiti di bandiera utili unicamente a mantenere salde le posizioni di potere reciproco, sembra non volersi occupare. Un confronto sempre più polarizzato e radicale che ha abbandonato coloro che stanno nel mezzo, le aree moderate e democratiche, i cui valori ed istanze sembrano non essere più rappresentate e rappresentative. Un dato confermato anche dagli ottimi risultati riscontrati dalle diverse formazioni civiche di area Liberale e Popolare che, nel centrodestra, hanno raccolto percentuali che sommate sfiorano il 20% totale. Una percentuale che evidenzia ancora una volta come la politica partitica nazionale non occupi più degli spazi importanti del pensiero politico della nostra società reale, costretta a rifigiarsi o nell’astensione o nell’accordare la propria preferenza ad esperienze locali, provenienti dalla società stessa.
Risultato, quello delle civiche, che evidenzia anche l’importanza della scelta dei candidati che, quando conosciuti e riconosciuti come competenti dal territorio, sono garanzia di risultato e buona amministrazione. Quando imposti da scelte centrali, portano verso sconfitte cocenti, come accaduto proprio al centrodestra, con la scelta del candidato Presidente.
Certo, se Atene piange Sparta non dovrebbe ridere, come invece fa: assistere alle celebrazioni del centrosinistra come se dalle urne fosse scaturita una vittoria plebiscitaria, fa sorridere considerando il distacco oltremodo risicato ed il fatto che si sia trattato di una vittoria personale di Todde, con la coalizione invece sconfitta dagli avversari. Assistere alle autocelebrazioni di Conte, il cui partito è crollato dal 22 al 7%, invece, sottolinea ancora una volta come in certe aree la demagogia e la distorsione della realtà si scontrino anche con la semplice matematica di base.
Ma tant’è, ognuno strumentalizza da sempre il dato elettorale a proprio piacimento, anche quando un’analisi poco più approfondita suggerisce altro e dovrebbe fare riflettere le classi dirigenti riguardo il mare magno di elettori da coinvolgere nuovamente nella Democrazia del nostro Paese.
(1 marzo 2024)
©gaiaitalia.com – diritti riservati, riproduzione vietata)
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)