di Emilio Campanella, #Milano twitter@gaiaitaliacom #Caravaggio
Per Caravaggio tutti corrono, per lui si fanno lunghe code, stoicamente al gelo o sotto il sole più spietato. Michelangelo Merisi è una delle star della storia dell’arte, insieme ad alcuni altri di varie epoche per cui si può essere certi di un sicuro successo di cassetta, grandi numeri per partecipare alle classifiche delle mostre più visitate. Il merito dell’esposizione milanese sta, intanto nell’esporre “solo” venti opere del pittore, e proporre la curiosità, ma non solo questo, certo, di poter osservare il lavoro dietro all’opera quale la vediamo oggi, attraverso immagini radiografiche, si possono seguire le fasi precedenti, i pentimenti, i cambiamenti di disposizione spaziale delle figure, soggetti abbandonati per quello poi realizzato. Questi venti dipinti sono scelti per la loro sicura attribuzione e l’esposizione risulta umanamente possibile, considerata l’emozione che comporta per molti, vedere questi dipinti, finalmente dal vero, e con tutto l’apporto di informazioni scandalistiche che avviluppano la figura di un pittore vissuto ed ammirato da molti anche perché “maledetto”.
Vero è che durante la mia visita a Palazzo Reale, ho anche molto guardato le espressioni dei visitatori cercando di comprendere le loro reazioni. Confesso di essere rimasto molto colpito dai volti stremati di un gruppo che aveva appena subito una visita guidata. Ho scelto il verbo deliberatamente, perché questa è stata la mia chiara impressione. La situazione è di forte stress: molta gente, un’attesa, anche se, magari non lunghissima prima di entrare, essendo un gruppo, lo sforzo dell’attenzione per seguire le spiegazioni guardando dei quadri, per la maggior parte, sconvolgenti per la carica emozionale che sprigionano e per il “realismo” o quello che molto spesso viene percepito come tale. La mostra ha i suoi, e non pochi lati positivi, anche per un allestimento fortemente accattivante giocato su abili colori di fondo e penombre studiate per far risaltare i tagli di luce e le teatralità dell’artista.
Non so se consiglierei un viaggio a Milano espressamente per vedere la mostra, sicuramente se si è in città, questo è certo. La consiglio ovviamente a chi non conosca direttamente il pittore; certo, i romani possono farne a meno, anche perché all’esposizione delle Scuderie del Quirinale del 2010, questa aggiunge poco; peraltro si ritrovano molti di quegli studiosi fra i curatori e gli estensori del catalogo, decisamente faraonico, pubblicato da Skira. Per parte mia, una visita di tutto riposo, nel senso migliore, del piacere di ritrovare dei “vecchi amici” convenuti a Palazzo Reale, ma il dispiacere nel constatare come alcuni di loro abbiano urgentemente bisogno di cure.
Ho occupato proficuamente ciò che restava delle mie sei ore milanesi, dopo le emozioni egittologiche di cui ho parlato da poco. Luci ed ombre, dunque, ma che luci e che ombre!, che tagli di luce e che drammaticità, in queste storie! che pathos in quei volti, e che emozioni sconvolgenti sui visi dei visitatori!
Meriterebbero una gallerie fotografica le persone affascinate e terrorizzate da: Giuditta che taglia la testa di Oloferne (1602) dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma a Palazzo Barberini, oppure colpite dalla tenerezza dell’angelo che sostiene il santo, guardando S.Francesco in estasi (1598 c.a), da Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art…
(30 novembre 2017)
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