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Anddos presenta il suo nuovo progetto editoriale: i migliori auguri

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Abbiamo assistito questa mattina (29 settembre, ndr) alla conferenza stampa organizzata presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa in Roma di Anddos, Associazione Nazionale contro le Discriminazioni da Orientamento Sessuale, e Pride, storica rivista LGBTI italiana, che hanno presentato prima la nuova campagna tesseramento di Anddos, che ormai sfiora i 200mila iscritti, quindi il nuovo progetto “Pride Online” che, con la solita modestia, il comunicato stampa giunto alla nostra redazione, descrive come strumento con l’obiettivo di “traghettare la storica eredità di libertà e liberazione propria del “movimento gay” degli anni passati in uno scenario in cui la società inizia a comprendere l’importanza di questi per tutta la cittadinanza”, dice proprio, così non abbiam tolto né aggiunto una virgola. Ben vengano i grandi progetti, ma anche l’Italiano corretto.
Questo detto, con bonaria allegria ed affetto, va detto anche che siamo rimasti sconcertati dalla superbia con la quale questo nuovo progetto è stato presentato, superbia che non riconosciamo né nel presidente dell’associazione Mario Marco Canale, né in Anddos, ma che evidentemente stamattina – siamo esseri umani dopotutto – ha fatto miseramente capolino. Innanzitutto Pride è stata presentata dal buon moderatore come l’unica rivista cartacea del mondo LGBT, dimenticando uno storico – e culturalmente importantissimo – mensile come Babilonia. Son giovani, direte voi. Appunto.

Dopo gli interventi di Mario Marco Canale e di Franck Semenzi (a volte ritornano) è stato tutto un eseguirsi addosso elenchi di titoli, direttori editoriali di qua, responsabili dei contenuti di là, del magnificarsi per le proprie qualità parlando di umiltà, un rincorrere in modo sbrigativo ed un po’ cafone una ragazza che parlava al telefono in corridoio, nemmeno a voce troppo alta, mentre si leggevano tre cartelle di discorso (tre!) manco si fosse un parlamentare e quindi, thanks god, di un video promozionale secondo noi già vecchio mentre veniva girato: protagonisti le solite ed i soliti ventenni di bell’aspetto che sembrano non voler altro che tesserarsi per un’associazine LGBT. In sala però l’età media era ben oltre i quarant’anni. O noi siam ciechi o nella comunicazione qualcosa non va.

 

Poi ciò che abbiamo già sentito negli ultimi trent’anni: lotta alle discriminazioni, diritti civili che non ci sono; un patetico intervento sulla Turchia nel quale ci si è dimenticati di ricordare che Lambda Istanbul ne ha subite di tutti i colori anche quando ai giornalisti turchi veniva permesso di scrivere più o meno ciò che volevano, ma di Lambda Istanbul se ne fregavano. Poi il solito gaio buonismo italiano che non è né gaio né è buonismo. In sala gran parte del protagonismo LGBT degli ultimi decenni, già malandato allora, con molti dei signori protagonisti dei fallimenti relativi alla parità di diritti delle persone omosessuali di questo paese, sparsi tra il nuovo che avanza. Sarebbe bello fare nomi e cognomi, ma anche no, perché nutriamo stima ed affetto nei confronti del presidente di Anddos e siamo sicuri che sarà in grado di far fare un passo avanti anche a coloro che per una vita ne hanno fatti dieci indietro. Detto questo lunga vita al nuovo “polo editoriale” [sic] che conta tra le sue fila Pride cartaceo, Pride Online e Radio DeeGay. Proprio come se Gay.it non fosse mai esistito…

 

Particolare piacere ci ha fatto dare una scorsa al nuovo quotidiano che vuole offrire una informazione trasversale parlando di LGBT a chi LGBT non è, con un’occhio di riguardo all’attualità non LGBT. Con tutto il rispetto, Gaiaitalia.com lo ha fatto molto prima. Con gli auguri del successo che merita alla nuova iniziativa.

 

 

 

 

 

 

(29 settembre 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

©gaiaitalia.com 2016 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 

 

 

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