di Il Capo
Ci teniamo a condividere con voi, amici lettori e followers, questa cosa che insieme ci diverte e ci indispettisce, dato che pare che ad alcuni – più numerosi di quanto credevamo – lettori, sostanzialmente in disaccordo con quanto scriviamo e che però continuano a leggerci, proprio il nome del giornale non entri in testa.
Ci scrivono in redazione a “Gay a Italia”, o anche a “Gai a Italia”, o anche a “Gentili della Gaia”, che vi fa anche più piacere, perché non c’è storpiatura, ma solo abbreviazione e, finally, non ci scontriamo con il pregiudizio che sta nella testa di certuni insieme a tanta segatura, che per il semplice fatto di occuparsi anche di questioni legate alla comunità LGBT, si debba cercare il modo di indicare anche il nome del giornale come gay.
In realtà il nome del giornale viene da una voglia tutta nostra di rappresentarci, nel senso che la parola “gaia” voleva essere testimone della leggerezza e dell’ironia con cui cerchiamo di trattare qualsiasi argomento, per quanto serio sia, e con le quali cerchiamo di infarcire i nostri articoli. Infastiditi? I collaboratori e amici sparsi di qua e di là non so. Io personalmente, un po’ lo sono. Perché in questa storpiatura in nomignolo a parte vedere un pre-concetto, pre-giudizio, e quindi pre-lettura di ogni contenuto possibile, vedo anche una cecità che mi spaventa ed irrita insieme.
Poi ben vengano le email, e anche quelle piene di insulti, perché non tutti hanno la classe della ex parlamentare che commentando su Twitter un mio articolo dice civilmente di “non condividerne nemmeno una virgola”. Ma che la storpiatura del nome del giornale mi colpisse più di altre email dove ci offendono nei peggiori modi possibili questo proprio non me l’aspettavo.
(14 luglio 2015)
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