di Ahmed Naouali
Una cifra enorme quella che il clan Ben Alì (insieme ai fratelli Trabelsi, famigliari della moglie delll’ex presidente tunisino), è riuscito a rubare alla Tunisia ed ai suoi cittadini, che venivano vessati con imposte e regole ferree, nel corso del decennio 2000/2009.
Un rapporto della Banca Mondiale afferma che le imprese appartenenti alla rete Ben Alì/Trabelsi hanno frodato le dogane tunisine per un valore che oscilla tra 1,2 e 2,6 miliardi di dollari, una cifra enorme, ed un’attività che un Tunisia era il segreto di Pulcinella: tutti gli abitanti lo sapevano e ne parlavano, persino nei Bar. Mettendo in pericolo la loro libertà personale (chi scrive conosce benissimo la Tunisia che ha freuqentato per motivi di lavoro e di studio per almeno 4 mesi all’anno, proprio durante quel periodo). Il sito Jeune Afrique, riferisce sulla notizia, che non si può commentare se non sottolineando che le attività illecite di Ben Alì e del suo clan, agendo come un vero e proprio staff mafioso, sottraevano beni e denaro destinato altresì ai cittadini ed allo sviluppo, allo stesso paese di cui Ben Alì era presidente. E quindi maggiore responsabile. Le tasse doganali rappresentavano, e rappresentano, il 9% degli ingressi economici del Paese. E’ facile quindi immaginare quale danno Ben Alì ed i suoi scagnozzi abbiano arrecato all’economia tunisina.
Il regime di Ben Alì è stato brutale: nessuna critica poteva essergli rivolta, pena il carcere. La delazione era pratica incoraggiata. Ingiustificate retate di giovani venivano eseguite dalla Polizia in tutto il paese, giovani che venivano rinchiusi e poi liberati, senza apparente motivo, spesso dopo essere stati pestati.
Un vero e proprio regime del terrore che serviva a nascondere le malefatte finanziarie dell’uomo solo al potere.
(25 giugno 2015)
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