di Anna Maria Locchi
So che c’è chi dirà “Uffa! Ancora lui”, ma con Victor Hugo è così: o si ama o no e comunque, vale per tutti i libri, si può deciderlo di leggerlo, rileggerlo o lasciarlo dove sta. Per me, che ho sempre amato “I Miserabili”, la lettura o rilettura di uno dei romanzi per me più belli della storia della Letteratura vale la pena.
Certo, avete ragione: siamo in pieno ottocento, la scrittura è ampollosa e a volte può risultare un po’ pesante – per noi moderni che sappiamo tutto – i personaggi sono gente sofferente di sofferenze così umane che quasi danno il voltastomaco in un momento storico in cui l’Umanità è andata a farsi fottere insieme con gli Umani, creandosi finte storie filtrate da uno schermo ed una connessione veloce, perché allora scrivere di un vecchio che ama come una figlia una bambina che lo ama a sua volta come si ama un vero padre (quando lo si ama, anche quella è una moda che va perdendosi)? Perché l’autore è un uomo che dalla vita ha avuto tutto o quasi (parliamo proprio di Victor Hugo)? E perché proprio lui decise di narrare le storie degli ultimi, quelli che anche oggi danno fastidio e che non si vorrebbero nominare?
Il perché sta proprio scritto nel libro. Che celebra, insieme alle umane qualità, anche disumane umanità che tanti di noi a parole disapprovano. Trovo che dopo avere letto “I Miserabili”, che siamo anche noi, si diventi tutti un po’ più umani. E che sia proprio questa caratteristica ad aver fatto di Victor Hugo un grandissimo della Letteratura.
(11 agosto 2015)
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