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HomePoliticaItaliaStefano Fassina o dell'invidia che è una brutta bestia

Stefano Fassina o dell’invidia che è una brutta bestia

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Stefano Fassina 00di Giovanna Di Rosa

Stefano Fassina, intervistato da Radio24 che riesce straordinariamente ad apparire progressista e ferocemente conservatrice insieme, insieme al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, è riuscito nella non facile impresa di far apparire il buon Sallusti un pericoloso estremista di Potere Operaio ritagliando per sé l’ormai devastante stereotipo del Democratico ragionevole che pensa alle sue natiche ed a quelle della sua corrente.

L’articolo 18, la sua abolizione, o il suo mantenimento, erano il tedioso argomento affrontato con equilibrismo straordinario, dalla radio ufficiale di Confindustria: tedioso non perché poco importante, ma perché quando dieci anni fa me ne andai all’estero già si litigava da almeno cinque anni sull’articolo 18. Ne deriva che da almeno quindici anni i politici del nostro paese litigano sullo stesso argomento.

Il bravo Fassina che si definisce uomo della sinistra del PD (significa forse che il PD sta assai più a destra dei Conservatori britannici? Cosa è questa sinistra PD che dice no a tutto? Ci spieghino qualcosa di sinistra, voglio scomodare Moretti), agitava senza agitarlo lo spettro della scissione del partito che già Civati a suo tempo agitò senza agitare (né agitarsi) e che il partito che sa solo perdere potrebbe anche mettere in atto qualora l’avessero vinta le sue pulsioni di morte.

In un paese dove le imprese si guardano bene dal superare i 15 dipendenti proprio per non cadere nelle fauci dell’Articolo 18 difeso da Donna Camusso e compagnia, dove c’è un bisogno di lavoro mai visto negli ultimi cinquant’anni, il partito che ha portato a casa il 41% alle ultime elezioni – e non per merito o colpa di Fassina – si scanna internamente perché qualcuno ritiene di essere trattato peggio di Verdini (la dichiarazione è attribuita a Pierluigi Bersani, non l’ho sentita con le mie orecchie e faccio finta di non averla letta), con l’eterno gioco delle correnti e dello sfasciamo tutto perché non siamo d’accordo, con la stessa demente e cieca strategia che li ha ridotti al lumicino alle primarie PD che videro trionfare Renzi.

Ignorando il presidente Napolitano che ha detto “Basta con le lotte interne, fare le riforme!”, Stefano Fassina ha chiuso il suo intervento a Radio24 con un gioiello degno del suo cogitare: ha detto che “non si possono usare gli iscritti al PD solo per fargli fare i camerieri alle Feste dell’Unità”. Il riferimento era ad un possibile referendum interno pro o contro l’Art.18.

Il fatto che gli iscritti al partito siano – prima che camerieri alla Festa dell’Unità – quelli che alla sinistra PD hanno tributato poco più del 16% alle primarie non interessa all’economista da premio Nobel diventato politico per vocazione e rende l’affermazione di Fassina offensiva e cieca.

Ma si sa: l’invidia è una bruttissima bestia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(23 settembre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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