Quest’anno la Biennale Teatro é stata diretta dal regista catalano Alex Rigola.
Un programma molto nutrito compresso nell’arco di una settimana, iniziato con l’assegnazione del Leone d’oro a Thomas Ostermeier e di quello d’argento al gruppo Rimini Protokoll, sino al risultato finale degli stages, costruito su un mosaico con il tema dei sette peccati capitali moderni.
Fra le poche cose viste, sorvolerò sulla pretenziosa vacuità di MUERTE E RENCARNACIÒN DE UN COWBOY di Rodrigo Garcìa che ci tedia per due ore friggendo aria grazie ai due eroici interpreti, ed al saggio gatto TELEMACO, micio veneziano scritturato per l’occasione, per la fiera soddisfazione della sua ”mamma”. Molto interessante il ”romanzo” narrato e messo in scena da Jan Lauwers, intitolato ISABELLA’S ROOM.
L’autore e regista è demiurgicamente in scena un po’ alla Kantor ed anche come fa Punzo, pre quanto meno motivato di loro. Ci sono forse un po’ troppi riferimenti al Tanztheater, ma ci si lascia coinvolgere grazie alle grandi qualità di una compagnia di interpreti che cantano, danzano, recitano, narrano, suonano con grande talento ed un accordo d’insieme, veramente straordinario ed estremamente coinvolgente.
Molto elegante e suggestivo: DESAPARECER di Calixto Bieito, una evocazione surreale ed inquietante di personaggi e vicende intorno a temi di Edgar Allan Poe, con la cantante e pianista Maika Makovski anche autrice delle musiche non troppo originali per la verità, e dall’attore Juan Echanove. Bellissimi i testi mescolati con quelli di Robert Walser, strepitose le traduzioni di Julio Cortàzar. Immersi in una grande nebbia che spesso coinvolge anche il pubblico, il grande attore dalla fortissima presenza e dalla voce che cattura, ci conquista sotto magnifiche luci, mentre lei ricorda un po’ Kate Bush e invece di concentrare distrae…
Concludo con WOYZEK, OÙ L’ÈBAUCHE DU DESTIN, di Josef Nadj, un lavoro pregevolissimo del 1994, un’altra pièce “vecchia” presentata a questo festival; tema che ha suscitato non poche preplessità e qualche polemica: se a Rovereto é stato presentato LES CORBEAUX qui si é preferito andare indietro nel tempo ( forse perchè nello spettacolo di Bieito THE RAVEN di Poe la fa da padrone, e per non fare doppioni?) Comunque, a parte le ironie acide, questo é un magnifico lavoro, anche se denuncia la sua età e le inequivocabili parentele con Kantor (eh, si, ancora lui!), ma anche con Maguy Marin (parentele di lusso!), così come la formazione buto ben assimilata e personalizzata.
Lo spettacolo è brevissimo (purtroppo!) e perfettto, denso, teso, fluido, angosciante ed affascinante. Si tratta di tutta un’umanità un po’ mostruosa e deforme, nel fondo di un inferno concentrazionario e claustrofobico, soffocante, stretto, segregato. Siamo in mezzo a soldati manichino, torturati, scaffalati; burattini feroci vessati dalle miserie della vita militare. Ho creduto d’intravvedere una evocazione dell’esecuzione/assassinio di Cesare Battisti; la presenza di un Golem. In mezzo a ciò, Marie, unica donna, ancora più vittima degli altri, una ”donna di tutti”, usata e sbattuta come una bambola di pezza che perde la paglia dalle sue ferite di giocattolo ”amatodiato” : tutti torturati e vessati, parte di un arredamento che contiene anime svuotate! Non si riconosce nessuno, o quasi, in questo coro di disperati, non il capitano, non il tamburomaggiore, a malapena il protagonista Franz; tutti buttati nel fondo rovente di un paiolo da alchimista pazzo.
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