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Dall’HIV al testamento biologico, dall’omosessualità all’aborto: una vita di battaglie contro l’evoluzione dei tempi, costate almeno 10 anni di ritardo all’Italia sul fronte dei diritti

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di Rosario Coco

Se ne va il Papa teologo, un personaggio difficile da dimenticare per la coriacea e tenace resistenza nei confronti dei diritti civili, delle leggi sul fine vita, dell’emancipazione di genere e delle persone LGBTIQ+.

Ma non solo. Quella di Papa Ratzinger è stata una resistenza contro l’evoluzione dei tempi, della società e dei costumi, una resistenza che ha contribuito a rendere la Chiesa cattolica molto più conservatrice di quanto avrebbe potuto essere negli ultimi decenni.

Non è un mistero che ancora oggi una vasta parte del cattolicesimo radicale affermi di preferirlo a Papa Francesco. Ratzinger è stato il faro che ha ispirato i movimenti “Pro-life” in Italia e nel mondo nella loro grande crescita negli ultimi 20 anni.  È anche merito suo se, ancora oggi, il familismo astratto della Chiesa e di parte della nostra politica non tengono conto dei rapidi mutamenti del nostro tessuto sociale, che quest’anno ha visto per la prima volta le persone che vivono da sole superare le coppie con prole (ISTAT).

Il primo gesto significativo di Ratzinger che ricordiamo risale al 1986, quando, da prefetto per la Congregazione della dottrina per la fede, firmò la lettera ai Vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali. L’omosessualità veniva definita come “condizione” intrinsecamente disordinata sul piano morale, inasprendo così le posizioni del precedente documento del 1975, che condannava principalmente gli atti omosessuali.

Dopo l’era Wojtyla, divenne Papa nel 2005. Tra le sue prime dichiarazioni di peso si ricorda quella contro l’uso del preservativo in Africa per contrastare l’HIV, che andava combattuta con l’astinenza.

Fu poi protagonista del dibattito intorno ai DICO, nel 2007, sostenendo la nota contraria della CEI sul disegno di legge che avrebbe potuto dotare l’Italia di un primo strumento giuridico per le coppie omosessuali ben prima del 2016. Nonostante il testo aprisse al mero riconoscimento delle convivenze per coppie etero o omosessuali, senza nemmeno prevedere i diritti patrimoniali, la CEI espresse un parere netto, secondo il quale ogni parlamentare cattolico aveva il “dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro qualsiasi progetto di legge che possa dare un riconoscimento alle unioni gay”. La nota riprendeva esplicitamente due documenti della Congregazione per la dottrina della fede del 2003 e del 2002, curati proprio dall’allora cardinale Ratzinger.

Quell’anno si organizzò il primo grande family day, definito da Ratzinger “festa di popolo”. Diversamente dal family day del 2015 dove si ebbe la sensazione di avere una parte seppur consistente del mondo cattolico in piazza, in quell’occasione Il sostegno della Chiesa apparve forte e compatto, tanto da generare un effetto catalizzatore sulla destra ultra conservatrice in Italia e nel mondo.

Nel 2009, a seguito del caso Englaro, Ratzinger intervenne più volte sull’eutanasia. Non attaccò direttamente il ddl Calabrò sul testamento biologico, ma lo associò implicitamente alla pratica della “buona morte”, che nei suoi discorsi era l’anticamera per una nuova eugenetica di stampo totalitario.

Intanto il mondo cambiava. Nel 2012 Obama sposava la causa del matrimonio egualitario, aprendo la strada ad un percorso che avrebbe portato di lì a pochi anni alla sentenza della corte suprema.

Tuttavia, come in altri casi, la Chiesa di Ratzinger scelse le barricate: alle fine del 2012, fece il giro del mando la dichiarazione che includeva i tentativi di equiparazione tra matrimonio e unioni civili tra le minacce per la pace. Per l’esattezza, essi costituivano “un’offesa contro la verità della persona umana” e “una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”. Era il messaggio per la 46esima Giornata mondiale della pace e improvvisamente le persone omosessuali diventavano una minaccia globale. Una retorica che, rivista oggi, non è molto diversa, mutatis mutandis, dalla propaganda del patriarca Kirill, che giustifica la guerra russa come risposta al degrado occidentale delle libertà individuali e dei Pride.

Nel 2019, già da Papa emerito, decise di pubblicare i suoi appunti sui casi di pedofilia. Tra di essi, fece grande scalpore l’attacco al movimento del sessantotto, che venne in qualche modo additato tra gli eventi storici connessi a questo fenomeno. Gli appunti, pur condannando formalmente la pedofilia, parlavano dellintroduzione, decretata e sostenuta dallo Stato, dei bambini e della gioventù alla natura della sessualità. Insomma, secondo Ratzinger, l’educazione alla sessualità è tra le cause, non tra le soluzioni, degli abusi sessuali sui minori. Una posizione che appariva ancor più insensata nel contesto europeo, in cui l’Italia è tra gli ultimi Paesi a non prevedere alcuna forma di educazione sessuale e affettiva nelle scuole insieme a Polonia e Lettonia.

Non a caso, il pontificato di Ratzinger ha rappresentato il laboratorio principale per lo sviluppo della strategia comunicativa legata alla “teoria gender”, un’invenzione finalizzata a rappresentare in modo completamente distorto le battaglie del campo progressista sull’emancipazione di genere e delle persone LGBTQI+. Ancora oggi, l’allarme “gender” rappresenta una delle principali strategie del fronte Pro-Life. 

Infine, vanno ricordate le dichiarazioni tratte dalla biografia di Peter Sewald, ”Una vita” pubblicata nel 2020, nella quale si riporta una dichiarazione di Ratzinger risalente al 2018, secondo la quale il matrimonio omosessuale e l’aborto sarebbero il “potere spirituale dell’Anticristo”. Ratzinger ha insomma consolidato il lavoro dottrinale già portato avanti con Papa Wojtyla, costruendo una chiesa ultra-conservatrice e resistente a oltranza al cambiamento.

L’era di Papa Francesco, in apparenza molto diversa, non ha fino ad ora prodotto particolari mutamenti nella dottrina, basti pensare alla morale sessuale contenuta nel catechismo o al ruolo delle donne nella Chiesa. Sono cambiati in realtà i toni e soprattutto il rapporto con le istituzioni, come dimostra il tacito nulla osta del Vaticano nelle fasi finali dell’approvazione della legge Cirinnà, a costo, tuttavia, di quella parte della legge che avrebbe introdotto una prima tutela per le famiglie arcobaleno (la stepchild adoption).

Per il resto, l’atteggiamento della Chiesa è ancora profondamente segnato dall’era Ratzinger, responsabile di almeno 10 anni di ritardo in Italia in tema di diritti civili e di una sorta di “cordone sanitario di tolleranza” molto diffuso nell’opinione pubblica: l’aborto è un peccato, ma l’educazione sessuale resta un tabù; gli omosessuali sono accolti, ma solo se accettano la via della castità; tolleriamo le unioni civili ma guai a spiegare cosa sia l’omosessualità ai bambini o a pensare di essere genitori (quello è il gender).

C’è però un aspetto positivo per il quale questo Papa andrebbe ricordato nella storia: è stato il primo dell’era moderna ad abdicare al suo ruolo (la volta precedente risale al 1405 con Gregorio XII). Rinunciando al pontificato, Benedetto ha mostrato chiaramente al mondo, credente e non, i limiti del pontefice come figura umana e corruttibile, come figura che, dall’alto della sua “santità”, può anche “farsi da parte”. Il passo successivo, potrebbe essere quello di una Chiesa che smantella le barricate erette negli ultimi decenni, seguendo un percorso già avviato dal cattolicesimo tedesco sul ruolo delle donne e sull’omosessualità.

Anche i dogmi, in altre parole, possono “farsi da parte”, come già visto diverse volte nella storia millenaria della Chiesa.

Per chi si batte sul fronte dei diritti, sia ben chiaro, un Papa sarà sempre un avversario in termini culturali e politici. Ma ci sono avversari con i quali si può discutere, altri con i quali ci si può addirittura stringere la mano, altri invece talmente ostili che ce la mettono tutta per diventare nemici. Di quest’ultimi ne abbiamo visti molti. Dei primi ancora troppo pochi.

 

(31 dicembre 2022)

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