di Giovanna Di Rosa #1maggio twitter@gaiaitaliacom #musica
Tutti insieme appassionatamente per il concertone del 1° maggio di Roma, in piazza San Giovanni. Numeri limitatissimi, per via della sicurezza. Non potranno entrare più di 30mila persone. Li conterà Virginia Raggi ad uno ad uno: che lei coi numeri è un genio. Rainews24 intervista i sindacalisti che sono alla ribalta del 1° maggio, parla con CISL e UIL, poi parla con Camusso che riappare come un sinistro presagio dopo il fallimento del suo progetto LeU che doveva miracolare la sinistra.
Ci chiedevamo che fine avesse fatto Camusso, non politicamente, quella fine lì la conosciamo tutti, ma proprio che fine avesse fatto. C’è, respira, e dice esattamente le stesse cose. Non ha il fazzoletto rosso al collo. Giustamente, oggi il fazzoletto dovrebbe essere verde perché le istanze della classe operaia le ha prese in mano Salvini. E’ il destino dei finti rivoluzionari: trovano sempre un sacco di gente che li ascolta. Poi contestano ciò che hanno sottoscritto, come stanno facendo con la Legge Fornero.
Il concertone del 1° maggio si ripete, ripete se stesso, come le campane a morto e come i discorsi di Camusso, triste catafalco che sorride poco perché fa poco sindacato, o forse perché c’è poco da sorridere. E come triste catafalco ecco il palco di fronte alla chiesona, a pochi passi dalla metro e da un ristorantino delizioso, ed eccoli lì come ogni anno, seduti a terra, con le tende, a raccontarci il viaggio in autobus, che sono sconvolti, e aspettano un po’ emozionati (risatina) – perché l’emozione è tutto – il concerto dei rivoluzionari. Sul palco non soltanto i sindacati che dovevano cambiare il mondo e non c’hanno neanche provato – perché ciò che si dice non è mai ciò che si fa – ma anche uno stuolo di artisti [sic] di quelli che gridano. Poi ci sono i rapper: i rapper sono quella razza che discende direttamente dalla sgrammatica di Lorenzo Jovanotti Cherubini, nume tutelare di tutte le inculture rivoluzionarie in diretta connessione con l’altissimo del quale è anche un po’ figlioccio per via delle frequentazioni vaticane dei famigliari, per questioni lavorative. Sono quei personggi che dicono tutti le stesse cose possibilmente con tante parolacce che fa rivoluzione; le dicono possibilmente male e szibiliano tutti le stesze esze alla Claudia Gerini quando diceva “Po’ esze…” [cit. Carlo Verdone] e che blaterano gli stessi quattro quarti di stupidaggini che discografici più furbi che abili vendono come capolavori letterari. Perché il rapper è un po’ come il pifferaio magico, o come il sindacalista, o come Salvini: non importa ciò che fa, importa ciò che dice e trova sempre un sacco di gente pronta a seguirlo, perché ascoltare è sempre meglio che riflettere.
E’ il segreto degli Italiani. Sono così furbi da credere a chiunque gli prospetti miracoli salvo poi incolparti di essere un bugiardo nonostante tu avessi raccontato panzane incredibili alle quali loro hanno creduto. Non tu. Perché è più facile dare del bugiardo agli altri piuttosto che dei creduloni a noi stessi.
Eccolo dunque il 1° maggio di festa dove il lavoro è al centro dei 364 giorni che lo circondano, nei quali Camusso sarà troppo impegnata a contrastare Renzi e parlare con Bersani e Cuperlo per occuparsene, la UIL troppo preoccupata di essere di destra per dire qualcosa di sensato e si starà a sentire la CISL per cercare di capirci qualcosa.
Mentre scriviamo da Rainews24 Schiavello della CGIL grida di lavoro ai giovani e sloganeggia sul lavoro che non c’è; il sindacato buono più rosso d’Italia a maggioranza di verdi tessere leghiste vaneggia di lavoro che non c’è da quando sono nata, più o meno; lo faceva anche quando il lavoro c’era e così riusciva a dare l’impressione di fare azioni che lo creassero. Il lavoro. Il punto è che i “bolscevichi crollano sotto pressione” [cit.] e l’unica cosa visibile oggi è l’impegno profuso nel creare l’evento mediatico del 1° maggio con complici tutti i finti rivoluzionari d’Italia che ingrassano un mercato discografico mai tanto povero, ripetitivo, banale ed inutile.
Dunque sul palco tutti insieme sindacalisti, politici, musicisti e rapper – quelli misogini e omofobi inclusi – per una grande prova di democrazia [sic] e di muscolatura sindacalista. Giù dal palco tutti ad entusiasmarsi, gridare ed applaudire per la giornata di festa e tutti senza lavoro. Tra di loro giornalisti Rai improvvisamente tutti comunisti, domani saranno tutti pentaleghisti, ieri erano tutti renziani così come ieri l’altro tutti berlusconiani.
Io, quando ero giovane ed ero senza lavoro, i soldi per l’autobus o per il treno per assistere ad un concerto non ce li avevo. E la mia famiglia se non li guadagnavo da me non me li dava. Non sarà che mi è sfuggito qualcosa che continua a sfuggirmi?
Aperta agli insulti. Comme d’habitude.
Buon 1° maggio a tutte e a tutti.
(1 maggio 2018)
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