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#Visioni di Mila Mercadante: Magnammece ‘o pesone

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di Mila Mercadante  twitter@Mila56170236

 

 

 

 

Magnammece ‘o pesone è un movimento molto popolare e molto combattivo a Napoli. La maggior parte degli attivisti viene dai centri sociali, utilizzati soprattutto come punto di incontro e di raccolta per gli sfrattati, i senza casa, i morosi che hanno perduto il lavoro o ai quali è stato imposto un rincaro del canone d’affitto. Non si tratta di un movimento “estremo”, nel senso che non pratica l’uso della violenza e non rifiuta di collaborare con le istituzioni. Alle 14 del 5 luglio era previsto un incontro tra il sindaco e il movimento, ma è saltato perché proprio nella mattinata dello stesso giorno ci sono stati disordini, con un paio di donne contuse tra i dimostranti e un vigile che ha riportato una ferita alla mano. Tutto questo è avvenuto davanti al Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli. Ventisette dimostranti (25 di essi erano donne) sono riusciti ad entrare e ad insediarsi. Il primo piano è stato effettivamente occupato. La nota che il movimento ha diffuso stamattina dice, tra l’altro: «…Le politiche di welfare per la casa al palo da tre anni dopo l’approvazione della delibera 1018 del dicembre 2014, il diritto di residenza già messo in crisi da una legge classista come la legge Lupi, le singole vertenze come l’apertura di una struttura per l’emergenza abitativa che tarda da due anni. Nel giorno della cittadinanza a Diego Maradona questa iniziativa vuole anche spiegare che la cittadinanza napoletana è nulla senza i diritti di cittadinanza e per primo quello all’abitare» [da Il Mattino di Napoli].

Il sindaco ha risposto duramente: il Palazzo è sempre aperto per loro – ha detto – non ha senso occuparlo.  In effetti nel corso del tempo gli incontri col sindaco e con gli assessori sono stati frequenti e in alcuni casi anche proficui. Basterebbe ricordare la collaborazione che il sindaco ha prestato per bypassare i problemi che il decreto legge Renzi-Lupi – palesemente anticostituzionale – crea a chi non ha una dimora fissa: se per avere diritto all’assistenza sanitaria e all’istruzione bisogna avere un indirizzo di residenza, si concede ai senza casa di fare riferimento alla municipalità stessa; altrimenti si ricorre all’escamotage della “dimora su strada”. Il sindaco di Napoli fa eccezione rispetto agli altri sindaci italiani perché non ha mai eseguito sfratti. Il problema principale sono i fondi a disposizione. Magnammece ‘o pesone contesta all’amministrazione comunale l’utilizzo delle risorse provenienti dal turismo e da iniziative ed eventi che si susseguono a ritmo serrato in città e che servono per incassare denaro. Come viene utilizzato quel denaro? Per il welfare oppure no? Il movimento ritiene che gli impegni presi sull’emergenza abitativa siano stati disattesi e che non si faccia nulla per risolvere un problema che riguarda circa 18.000 persone in Campania. De Luca dal canto suo se ne infischia, e in una città tanto grande quanto problematica come Napoli far quadrare il cerchio è complicato. De Magistris ha fatto incautamente promesse che con tutta evidenza da solo non può mantenere.

Il movimento lotta per il diritto alla casa e per evitare la ghettizzazione dei ceti più poveri in quartieri dormitorio, graticole di cemento periferiche e degradate. Il centro storico della città – ricco di antichi edifici abbandonati che sono spesso di proprietà della Curia – è l’obiettivo primario del movimento: piuttosto che lasciare disabitati e fatiscenti i palazzi storici oppure sfrattare chi vi abita per fare alberghi e B&B di lusso, bisognerebbe prima di tutto dare un tetto agli indigenti. Non mi pare un’idea da rivoluzionari, mi pare sensato. La Curia napoletana possiede una quantità davvero abnorme di edifici, molti destinati all’uso sociale. La destinazione d’uso viene ignorata e si preferisce l’investimento a scopo di lucro. La privatizzazione delle case popolari è una consuetudine annosa che riguarda tutte le città italiane, tutte le metropoli del mondo, non solo Napoli. Il fenomeno ha un nome: gentrificazione. I ceti popolari vengono spostati in periferia perdendo così relazioni, contatto con la città, gli spazi nei quali sono nati e cresciuti. Al loro posto – dopo accurata riqualificazione – arrivano persone nuove, più danarose. E’ chiaro che un quartiere riqualificato rappresenta sempre un beneficio per tutti, è molto meno chiaro comprendere perché per quelli che hanno poco o nulla non si voglia mai spendere un soldo. Eppure spendere a favore dei meno fortunati apporterebbe benefici ancora maggiori all’intera comunità: se i poveri potessero vivere in un quartiere cittadino rimesso a nuovo e se potessero usufruire di spazi di aggregazione, centri sportivi, culturali e quant’altro, sarebbero molto meno allettati dall’intraprendere strade tristemente pericolose, prima di tutto per se stessi, poi per l’intera società civile. Ogni vita recuperata dovrebbe essere un trionfo per ognuno di noi.

 

 

(5 luglio 2017)




 

 

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