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Dunque l’opposizione a Renzi avrebbe a che fare con i patrimoni e le fondazioni di DS e Margherita?

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di Giancarlo Grassi

 

 

Sul web gira di nuovo un articolo di circa un anno fa pubblicato dal Corriere assai interessante che non dice nulla che già non si sapesse, se ci si è interessati un minimo alle questioni politiche di questo paese. Tutto inizia quando un senatore del PD, tal Sposetti che non è uno qualsiasi come vedremo, dichiara che sfratterà il PD dalle sedi perché non paga l’affitto. Il PD sfrattato dalle sedi del PD? Non proprio, perché le sedi del PD occupate dal PD non sono del PD, ma dei DS. Ma i DS non erano sciolti o confluiti nel PD come i compagnucci della Margherita? Assolutamente sì, ma anche assolutamente no. E qui inizia una lunga storia tutta italiana che il Corriere il 20 agosto del 2016 racconta così.

 

…L’ex Pci ha un patrimonio di 3 mila immobili sparsi in tutte le città d’Italia. Sedi del partito, ma anche uffici, ristoranti, bar, e perfino capannoni industriali. Sposetti è riuscito miracolosamente a salvarlo. Quando arriva a gestire le finanze del partito ci sono 584 milioni di debiti, quasi tutti dell’Unità. Ma sono gli anni in cui i rimborsi elettorali, grazie ad alcune leggine fulmineamente votate in Parlamento, prendono il volo. E l’abilissimo compagno tesoriere riesce a sistemare le cose senza vendere che pochi mattoncini. Il grosso rimane nella pancia del partito. Un capolavoro completato dalla garanzia dello Stato sui residui debiti, un centinaio di milioni, che vengono così giusto qualche mese fa accollati alla collettività. Il bello è che quei debiti sono pure la giustificazione per mantenere in vita i Ds. Il Pd è la somma dei Democratici di sinistra e della Margherita: la cosa più logica sarebbe la fusione fra le due formazioni politiche. Che però costringerebbe i Ds a far confluire nel nuovo contenitore, oltre ai debiti, anche i 3 mila immobili e i rimborsi elettorali. Mentre la Margherita, dal canto suo, dovrebbe versare molte decine di milioni che ha in cassaforte. E qui c’è il capolavoro bis di Sposetti. In men che non si dica nascono 56 fondazioni nelle quali viene blindato il patrimonio immobiliare. Blindato è il termine esatto, perché gli statuti affidano i poteri a persone che restano in carica a vita e la loro sostituzione può avvenire solo con maggioranza qualificata. Di fatto, è il sistema della cooptazione delle vecchie casse di risparmio democristiane. Il momento è confuso e quando finalmente Veltroni realizza la frittata è fatta. Passate (e perse) le elezioni del 2008, il leader del Pd decide comunque di affrontare la questione. Ma dopo la sconfitta alle regionali in Sardegna si dimette. E la situazione resta cristallizzata per otto lunghi anni. Senza che nessuno si faccia una domanda ancora più importante di chi sia il vero proprietario di quel ben di dio. Ossia: dove vanno a finire i redditi di immobili che erano di un partito e ora sono di un gruppo di fondazioni in mano a persone fisiche? E siamo a oggi. Davanti alle minacce di sfratto il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi dice che ci sono i margini per rientrare in possesso del patrimonio. Di sicuro non sarà facile. Non tecnicamente: Sposetti, il direttore d’orchestra, non è renziano ed è un osso duro. Ma neppure politicamente. La guerra interna al Partito democratico è ancora lunga, ed è davvero difficile non sospettare che questa scaramuccia c’entri qualcosa…

 

La storiella è questa: da una parte la vecchia nomenklatura dei comunisti col rolex e i conti correnti a sei zeri, quelli che a parole son tutti classe operaia e sindacati e proletariato, ma nei fatti son vecchie signore sdegnose e permalose che guai a non salutarle col dovuto sussiego e dall’altra i giovani rampanti che escono dalla classe dirigente della Margherita, che erano giovanissimi ai tempi della fusione politica – ma non economica – del loro partito e dei DS, e che hanno conquistato a suon di voti alle primarie la segreteria del PD. Per ben due volte in quattro anni. La questione non poteva che andare di traverso a D’Alema, Bersani e compagnia perché in ballo – l’articolo del Corriere lo dice chiaramente – c’è ben più della poltrona e del potere interno al partito: ci sono un sacco di soldi che non possono finire in mano a chicchessia. E soprattutto non possono finire in mano a Renzi segretario del PD.

La guerra sta tutta lì. A dimostrazione che al bravo D’Alema dell’Italia non frega niente, ed ancor meno frega dell’Italia a Bersani, Speranza e giovani virgulti, gli ex signori del PD hanno appena scatenato una guerra ingiustificata alla segreteria del loro ex partito perché non si sa mai cosa possa succedere: tipo che Renzi decida di cambiare la legge sulle Fondazioni.

Per i comunisti con i conti correnti a sei zeri tutti sindacato, proletariato e classe operaia sarebbe un problema praticamente insormontabile. Ed un durissimo colpo al loro status. Ed al loro essere comunisti tutti d’un pezzo.

Sembra voler mettere fine alla questione l’Unità, che riprendendo Repubblica nel febbraio scorso, spiega ai suoi lettori la questione con un articolo dove si racconta del guardasigilli Andrea orlando erede designato del tesoretto della Fondazioni DS, il ché spiegherebbe il suo ergersi a nuovo dio della politica e la sfida a Renzi alle primarie.

 

E’ Repubblica, con un pezzo di Goffredo De Marchis, a dare notizia della possibile fine della controversia sul famoso “tesoretto” del Pci (poi Pds e Ds) che da tempo fa litigare il Pd di Renzi e il “proprietario” di quei beni, l’ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti.

Il Pd, tramite il suo tesoriere Francesco Bonifazi, è tornato a chiedere che il patrimonio ex Pci venga “girato” al suo legittimo “erede”, il Pd, appunto, considerando inaccettabile l’operazione messa in piedi da Sposetti, il quale negli anno scorsi aveva convogliato il “tesoretto” in 57 fondazioni e 5 associazioni.

Si tratta di un bene molto ingente, comprendente 2500 immobili e varie opere d’arte (fra cui il celebre I funerali di Togliatti di Guttuso), libri, manifesti, fotografie, una mole imponente di materiale attraverso il quale si ripercorre la storia del Partito comunista italiano. Gli immobili – gran parte dei quali occupati dai circoli del Pd – sono vecchie sezioni, Case del popolo, locali inutilizzati. Valore complessivo stimato: oltre mezzo miliardo di euro.

La novità ora è che Sposetti, sanguigno custode di questo patrimonio, avrebbe scelto Andrea Orlando, l’attuale Guardasigilli, come suo “erede” e dunque amministratore del tutto. La scelta di Orlando, già giovane dirigente del Pci e poi passato nei Ds e oggi esponente di primo piano del Pd, sarebbe un segno di volontà di sbloccare il contenzioso col Nazareno.

Contenzioso ormai antico: già lo scorso anno si era parlato di un progetto di accorpamento delle fondazioni in un unico ente che mettesse poi a disposizione del Pd una parte degli immobili per consentire al partito, con quella garanzia, di accedere con più facilità al credito.

Il timore che Sposetti volesse in qualche modo favorire la nascente “Cosa” dalemiana ha spinto i dirigenti del Pd a muoversi, giungendo persino a minacciare una class action degli ex iscritti ai Ds contro la “ragnatela” di fondazioni che di fatto blocca l’ingente patrimonio. Ma lo stesso Sposetti negli ultimi giorni aveva ripetuto la frase già usata ogni qualvolta si parla di scissione: “Non mi venite a cercare”. E infine, il gesto distensivo con la scelta dell’ “erede” Orlando.

 

E così si chiude – per ora – la meravigliosa storia dei comunisti col rolex ed il contro in banca a sei zeri.

 

 

(3 luglio 2017)

 





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