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#Visioni di Mila Mercadante: La faccia triste del Brasile

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Brasile-Giovanedi Mila Mercadante   twitter@Milamila56170236

 

 

 

 

 

Per i brasiliani più sfortunati e poveri la superstizione è il solo rimedio contro gli accidenti della vita, contro la forza maggiore del potere, le bizze della natura e la miseria nera. Sull’uscio delle catapecchie sbilenche è tutto un fiorire di amuleti, pupazzi trafitti da spilloni, simboli e oggetti scaccia jella e scaccia malocchio e disgrazia e fattura. E’ tutta una macumba, tutto un lavorìo misterioso per placare l’inquietudine e richiamare a sé un poco di fortuna. Inutile: negli ultimi dieci anni ci sono stati più morti ammazzati in Brasile che in Iraq e inAfghanistan, più che in Nigeria, più che in India, perfino più che in Honduras, dove il tasso di mortalità per omicidio rimane il più alto. Il bellissimo e apparentemente gaio Paese sudamericano è il più violento del mondo e supera tutti gli altri in termini assoluti: vi circolano almeno 20 milioni di armi da fuoco e ogni anno si contano dai 40mila ai 60mila morti ammazzati. Un’enormità. In questo periodo si torna a parlare dei bambini di strada che la polizia cattura e uccide per “ripulire” le grandi città (Rio, soprattutto) prima che inizino le Olimpiadi. Questa oscena pratica è vecchia, abusata e nota a tutti, eppure la comunità internazionale, l’ONU e la stampa sono capaci di dimenticarsene per anni fino a quando – di tanto in tanto – un evento particolare o una qualche motivazione politica non li sollecitano a rendere conto del fenomeno. La stessa cosa del resto è avvenuta e avviene con la questione degli indios dell’Amazzonia, ancora oggi vittime di soprusi, uccisioni di massa ed espropriazioni per lo sfruttamento delle risorse territoriali.

 

Per i bambini brasiliani –molti neanche registrati all’anagrafe -che a sei anni maneggiano già pistole e coltelli, che si drogano, che rubano o si prostituiscono, che vivono in condizioni spaventose e che ben prima della maggiore età finiscono sottoterra non si prega e non si piange, non si organizzano marce di scalzi, non si firmano petizioni né si approntano in fretta e furia massicce e folkloristiche campagne mediatiche con annesso corredo di figuranti pagati per applaudire e foto commoventi: queste sono operazioni che servono solo a pilotare l’opinione pubblica, a influenzare il pensare comune, a preparare le masse prima o durante il verificarsi di importanti mutamenti nell’ordinamento sociale ed economico.Quindi è evidente che dei minori sudamericani e asiatici non importi nulla a nessuno, fatta eccezione per le organizzazioni umanitarie che lavorano sempre con puntualità anche in condizioni precarie.Esistono vastissimi territori e interi quartieri nei quali anche le forze dell’ordine hanno difficoltà di accesso ed è lì che l’infanzia violata e degradata si deforma fino al punto da far paura agli adulti.

 

In Brasile tanti anni di governo di sinistra (prima Lula e poi Roussef), malgrado il successo di alcuni provvedimenti, non sono serviti a migliorare le condizioni di vita degli indigenti, non hanno scalfito corruzione e violenza, non hanno colmato l’immane divario tra i ricchi e i poveri e non sono bastati a educare e a formare le coscienze. Sconcerta che la stragrande maggioranza dei cittadini brasiliani non abbia alcuna difficoltà a dichiararsi favorevole alle uccisioni dei ragazzetti di strada e di favelas. Conosco abbastanza bene il Brasile, ho udito persone acculturate e gentili fare ragionamenti meccanici e crudeli senza temere le critiche, senza minimamente percepire il disvalore della spettralità in cui tutti insieme – criminali e persone perbene – sprofondano con disinvoltura.

 

Nel 1991 il Brasile ha firmato i Trattati internazionali riguardanti i diritti umani, e Lula nel 1996 ha fatto ancora di più: ha istituito un ministero nazionale per la tutela dei diritti umani. La Costituzione brasiliana da questo punto di vista è ritenuta un testo tra i migliori, aggiornato e completo. Eppure la situazione è tutt’altro che accettabile, e l’idea di considerare democratico uno Stato di polizia, uno Stato in cui il potere si misura dal tipo di arma che si impugna appare quantomeno ipocrita. Piuttosto che investire sul capitale umano si è scelto di praticare politiche di espansione basate sul consumo. Lo sviluppo rapidissimo dell’economia del Brasile non è stato neutrale: ha escluso milioni di individui. Adesso la crescita esponenziale non solo si è arrestata, ma aumentano i segnali di una seria recessione economica. Come è possibile – di fronte alla povertà crescente e a così tanti problemi strutturali – decidere di spendere miliardi per ospitare prima i mondiali di calcio e poi le Olimpiadi? Com’è possibile affidarsi alle betoniere e al rumore dei cantieri per scongiurare i mali sociali? E’ superstizione anche questa: il mercato globale è lo sciamano e l’amuleto è il denaro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(20 ottobre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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