di Giancarlo Grassi
La dichiarata, ma negata, guerra alle ONG intrapresa dal crociato ortodosso Putin comincia a dare i suoi neri frutti: il Senato russo ha infatti chiesto agli organi competetnti che 12 organizzazioni non governative straniere attive sl territorio russo vengano messe sotto osservazione per appurare che non staino svolgendo “attività antirusse”. Nel caso venga appurato che, effettivamente, svolgono attività “antirusse” verrano chiuse e i dirigenti ed i collaboratori multati. Questo vuole la legge contro le ONG voluta da Putin e votata lo scorso maggio.
La black-list del governo russo comprende sette ONG statunitensi (che strano), tre ucraine (guarda caso) e due polacche (ma pensa un po’): colpisce, tra le altre cose, che nella lista delle ONG messe sotto osservazioni ci sia quella del magnate di origini ungheresi George Soros, la Soros Open Society.
Tutte le orgnizzazione sotto esame hanno, secondo i parlamentari russi che hanno mosso le accuse e fatto mettere sotto esame le loro attività, l’obbiettivo di influenzare la politica interna russa, preparando il terreno per una “rivoluzione morbida”, tipo quelle che ebbero luogo a suo tempo in Ucraina e Georgia, cosa che si configura come una “rivoluzione dolce” ai danni della stabilità interna. Il “popolo” va quindi informato dei rischi che queste organizzazioni rappresentano per la vita civili e per la società russa. Chiedono quindi, prima dei risultati delle indagini, che tutte le ONG in questione siano dichiarate indesiderabili e chiuse.
Tra menzogne governative e bottiglie di vodka il triste destino del popolo russo continua a compiersi giorno dopo giorno.
(9 luglio 2015)
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