di Giancarlo Grassi
Matteo Renzi l’ha detto chiaro: se non si vota l’Italicum si va a casa. Le natiche dei politici che non sarebbero rieletti nemmeno morti si sono inflaccidite e le loro terga contratte in un brivido di orrore (“Oddio! Cosa faccio adesso?”, sembravano chiedersi…), ed hanno subito gridato al ricatto. Non fanno altro dal giorno dell’insediamento di Renzi, lo scrive uno che non vota Pd. O meglio, che non vota.
La nuova legge elettorale, l’Italicum, giunge con il voto di oggi 27 aprile alla fine del suo lungo cammino di sì, no, forse, di decreti salva-quello e salva-l’altro (leggete qui la scheda di Repubblica.it); dopo innumerevoli cambiamenti l’Italicum è oggi accusato di ogni nefandezza: incostituzionalità, di essere una legge che favorisce la dittatura, antidemocratica, che privilegia solo un partito, che non elimina il problema delle liste bloccate (che va eliminato ora, quando la minoranza Pd stava al potere le liste bloccate andavano benissimo), che non garantisce nemmeno il garantibile per buon senso.
Oggi si consuma l’ennesima battaglia tra la minoranza Pd e la maggioranza, si consuma la rottura tra chi in Forza Italia vuole andare avanti e l’ex cavaliere che celebra l’ennesimo voltafaccia della sua sciagurata avventura politica, si consuma l’ennesimo faccia a faccia tra un gruppuscolo che si definisce riformista, di sinistra e che ha praticato solo politiche conservatrici e chi invece, e sono molti anche tra gli Italiani, di quelle pratiche non ne può più e vuole vedere cambiamenti veri, profondi, radicali.
(27 aprile 2015)
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