di La Karl du Pigné
(Continua dalla puntata precedente)
Quando si dice vai a fidarti degli amici non si è messo in conto che è molto peggio andare a fidarsi delle amiche, soprattutto se sono drag queen oppure peggio ancora lelle. Ritorno all’allegro tavolo dove 2 di 2 sta parlottando con la madre della lella. Annuiscono a vicenda alle loro parole sottovoce, poi ambedue si stampano un bel sorriso sul viso quando mi vedono ritornare al tavolo. Mi siedo e guardo la lelletta che sta ridendo di una non meglio specificata battuta fatta dal trio dei suoi amici di Ciampino. La sua “ fidanzata”, che lei non chiama così ma insomma tutti lo sappiamo che hanno una storia paludata da “sorerna amicizia”, #sifamanonsidice, non fa proprio da soprammobile ma segue con gli occhi e ogni tanto fa un sorrisetto, come se fosse meglio non mostrarsi troppo #chenonsiamaisecapisca che oltre amiche sono anche “lettaiole”.
Gli amici se la ridono quando passa una delle drag che ha recitato sul palco. Uno dice, senza nessun imbarazzo al fatto che ci sia io al tavolo: “Capisci, ma un minimo de classe in questi casi ci vorrebbe…” Io sento il ricciolo di porchetta che ritorna su, ma lo ricaccio in fondo con un sorso di Sauvignon. Detto da uno che è venuto a teatro con un jeans strappato sulle ginocchia, espadrillas (#efinoaieri quihafattoildiluvio) e con una t shirt nera con un teschio glitterato, non mi pare proprio accettabile. Ma ognuno è come meglio crede, e siccome sono certa che questa deve essere la filosofia, mi astengo da qualsiasi commento, sorridendo come un ebete. La iena, non contenta, mi guarda e mi chiede chi ha scelto i costumi per la rappresentazione sul palco. “Ognuno ha messo quello che riteneva più opportuno per il suo personaggio, tenendo conto che i personaggi sono più o meno costruiti sulle persone, sui loro tic, sulle loro qualità e difetti”, rispondo io con un’intonazione che dovrebbe far cadere la conversazione qui. Macchè. Uno dei tre, altro fulgido esempio di fashion addicted, rincara la dose con un “Pensavo che fossero stati scelti”. “No”, rispondo io. Vediamo se la smettono, e guardo la lella con la faccia da #fallismettechefraunpoparto.
Capirai, invito a nozze. “Ti devo fare i complimenti, comunque, sarà stato difficile tenere sul palco più di dieci persone insieme. “Eravamo dodici, per l’esattezza e si, abbiamo lavorato sodo e il risultato per noi è stato più che soddisfacente, certo ci sono cose da aggiustare, battute da togliere, metterci altro e soprattutto…”
Vengo interrotta: “Si, i costumi senz’altro, erano come dire sconclusionati, ma poi ma è vero che una delle drag è etero?”. “Sconclusionati che significa? Mica dovevamo fare il Lido de Paris con le ballerine in fila a canone. Anche voi stasera siete “sconclusionati”, non vi siete certi messi d’accordo su cosa mettervi addosso, sul palco dovevamo rappresentare una normale giornata di un gruppo di drag queen che fanno delle prove. Quanto alla seconda domanda si c’è un etero, poi una trans, una donna biologica etero e il resto tutti gay ma uno va solo con i coetanei, a uno piacciono solo di pelo rosso, un altro predilige ballerini e artisti, una non ci pensa proprio a una relazione e mi fermo qui”.
“Alla faccia della normalità!” dice ridendo l’opinionista de Ciampino, certo di aver fatto la battuta acuta del secolo. Scavallo le gambe e mi metto comoda, in posizione #cavallettaincazzata, pronta a colpire. “E chi ha mai parlato di normalità, ho detto che dovevamo rappresentare una normale giornata di un gruppo di drag queen. forse ti ho confuso ma non ho usato il termine ordinario per non crearti ulteriore confusione. Ordinario è chi non riesce a uscire fuori dall’ordine e pensavo che questo non ci avrebbe reso merito. Perché vedi, fortunamente siamo più o meno tutte fuori dall’ordinario e decisamente fuori norma. Immaginaci come delle automobili, nessuna di noi passerebbe la revisione. Siamo come le auto storiche, non dobbiamo essere revisionate, siamo iscritte tutte all’albo delle anormali, ma non nel senso che tu immagino darai a questo aggettivo”. Bevo le ultime due dita di Sauvignon e faccio un cenno al carinissimo cameriere che capisce dal bicchiere vuoto che ho bisogno di carburante.
“Io grazie al cielo non sono uno che giudica in base all’aspetto” mi dice il gonzo, “sono una persona aperta, ma il cattivo gusto non lo sopporto proprio. Prima ho espresso un’opinione su una delle tue drag e lo penso veramente, poteva agghindarsi meglio, si tratta pur sempre di uno spettacolo teatrale e certe regole vanno rispettate. E per quanto riguarda l’etero, ero solo curioso di sapere se ci fosse veramente, mi sembra già strano che un gay si travesta, pensa poi un etero!”
“E meno male che ti consideri una persona aperta, pensa un po’!” rispondo io. “A parte il fatto che questo è uno spettacolo di drag queen e visto il tema le convenzioni teatrali possono anche andare a farsi benedire, non è roba che ci può interessare. Due se mi obbietti qualcosa sullo spettacolo che abbia a che vedere con la recitazione, con la trama, sulle capacità attoriali, ci sto, ma se l’unica cosa che ci hai visto sono le discrepanze di costumi, beh! Alla faccia dell’apertura, stai giudicando un libro dalla copertina. E per l’etero, perché me lo hai chiesto? Io non ci vedo niente di male che un etero faccia la drag queen e non do a questo nessuna connotazione pruriginosa, cosa che invece hai fatto tu. E tanto per dire, tornando ai costumi, ma voi stasera vi siete messi d’accordo su cosa mettere per venire a teatro? No, perché, ad esempio, lui (e indico con la testa “Mr. Teschio t-shirt”) sembra più vestito per andare in discoteca”. Gelo, l’intonazione stavolta era #nonmelasucarechepossofarepeggio. Carburante in arrivo, sorrido e il cameriere ricambia. Quando si è allontanato dico a voce alta, a tutti: “Pensate che bizzarria, è etero e ha amici quasi tutti gay, un po’ anormale, non trovate?”
Mentre la lelletta ride di gusto e guarda la sua “fidanzata” #cheperononsidevesapere, non ancora prono all’idea che è un deficiente #equestolodovrebbesapere, l’infaticabile risponde piccato : “Magari è gay e non lo sa, oppure non si accetta”. “Sei una volpe, per questo ha deciso di lavorare in un posto gestito da gay, organizzato da una lesbica, dove si esibiscono drag queen e dove almeno il 60% dei clienti e dichiaratamente gay. E magari non lo sa (#magarinonhafattoancoralesame) o non si accetta. Stai avanti…. Troppo.”
“Zia Kaaarl, photo call, presto vieni, facciamo il giro dei tavoli come ai matrimoni!” mi urlano dal bancone del bar quelle anormali delle drag queen, pure vestite male e pure un po’ etero, #nonsiamaitecontagia.
Guardo con l’infinita pazienza che si dona alle persone alle quali si vuole bene la lelletta di Ciampino e le stampo un bacio virtuale sulla bocca. “Ti vedo presto, da sola?” ; “Contaci” risponde lei. “Buon proseguimento a tutti, spero di vedervi presto di nuovo a qualche nostra serata”. “Con piacere”, risponde #equestolodovrebbesapere. Lo guardo con il sorriso assente e mi allontano, faccio quattro passi e mi giro di scatto: solo la lelletta mi sta seguendo con gli occhi e scoppia in una fragorosa risata, gli altri che hanno già formato due capannelli #ciuciu’ciuciu’ciuciu’ sollevano gli occhi e la guardano con aria interrogativa.
“Anormale!” le dico mentre riguadagno la giusta direzione verso la libertà.
(4 agosto 2014)
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