All’approssimarsi di uno degli avvenimenti politico-sociali che cambieranno la storia dello Stivale, parliamo del congresso di Arcigay che rinnoverà i suoi organi dirigenti (sic) e dovrà decidere se confermare all’inutile presidenza Paolo Patanè il cui straordinario lavoro ha cambiato la storia della italiche genti lgtb, si pubblicano notizie.
E’ il sito serio gaynews.it a farsi altoparlante di un articolo de L’Espresso a firma Tommaso Cerno, donde si parla delle sviste di Arcigay rispetto alla discriminazione urbi et orbi.
Secondo l’articolo l’associazione ”…per i diritti ”discrimina” (…) o meglio tratta da cittadini di serie B molti dei suoi (…) 228 mila 563 iscritti (a 10 euro la tessera, fanno 2.285.630 euro annui), circa il 90 per cento sono tesserati dei cosiddetti ”circoli ricreativi”, vale a dire locali, bar, discoteche, ecc. Luoghi di ritrovo per soli tesserati che, al momento dei conteggi ai fini congressuali, però, esprimono per regolamento solo il 10 per cento dei delegati. Il tutto secondo uno strano principio e cioè quello che il ”peso” dei circoli cosiddetti ”politici” è (e deve rimanere) superiore agli altri e determinare quindi la leadership e le scelte dell’associazione’” (mettendolo nel culo a chi paga una tessera per poter entrare in un bar gay e in questo modo finanzia un’associazione che nei fatti non porta a casa nulla).
E’ interessante notare che quando Gaiaitalia.com scrive della mancanza di democrazia interna di Arcigay, della sua mancanza di orientamento politico, della sua inutile presenza sul territorio atta solo a fare tessere che ai fini della lotta per i diritti non servono a nulla non potendo rappresentare nessuno, veniamo tacciati di omofobia e insultati via email, quando pubblica un articolo di altra testata il famoso sito serio Gaynews.it si possa pubblicare, ma questa è l’italica froceria.
Tommaso Cerno si chiede, a chiusura dell’articolo, se ”la domanda che andrebbe fatta” non sarebbe ”forse meno giuridica e più filosofica: può un’associazione che di fatto non afferma – con le sue regole interne – l’uguaglianza fra i suoi stessi soci battersi poi – all’esterno – per affermare l’uguaglianza dei cittadini?”. Una bella domanda. Che trova la sua risposta nei continui, costanti, fragorosi fallimenti di cui Arcigay è stata protagonista nella lunga lotta verso il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali italiane. Ora è chiaro che non pensa nemmeno al riconoscimento dei diritti dei propri iscritti.
La smania di visibilità degli organi dirigenti dell’associazione lgtb più inutile dell’Unione Europea li ha portati a scoprire una lapide in onore di Daniel Zamudio (nulla in contrario, ma invece di andare in Cile a cercare chi è morto ammazzato epr omofobia avrebbero fatto meglio a guardare in casa loro, dove c’è un pestaggio al giorno) e aprire una sede di rappresentanza (sic) a Roma. Che fa tanto chic e circolo radical-politico.
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