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di Marco Biondi

E le Marche sono andate, o meglio, sono restate dov’erano, cioè alla coalizione di centro destra. Non ne faremo un dramma, perché quando si conferma un Governatore significa che non ha fatto poi così male e la maggioranza degli elettori ha deciso che gli andava bene tenerselo. Però questo risultato merita alcune riflessioni in prospettiva per le strategie che la coalizione di centro sinistra ha elaborato con l’auspicio di tornare a vincere qualche elezione.

Intanto il primo pensiero deve andare alla percentuale di votanti. Metà degli elettori non ha nemmeno votato, e metà di quelli che hanno votato hanno ha scelto Acquaroli. Questo significa che un quarto degli “aventi diritto” ha scelto la coalizione che ha governato negli ultimi cinque anni. Non è pochissimo, ma nemmeno un Everest invalicabile.

Vale quindi la pena considerare che l’area alla quale è più agevole accedere è quella degli astenuti. Recuperare dei voti li, significherebbe avvicinarsi alla meta. E già che ci siamo, ci domandiamo come mai si sono persi altri quasi dieci punti percentuali di elettori. Passare dal 59% al 50% significa che, in valore assoluto, abbiamo perso un altro quindici per cento di votanti. Non è poco. Il significato è semplice: un quindici per cento di elettori ha deciso di non andare più a votare perché insoddisfatto della coalizione uscente, ma non convinto per niente dell’alternativa che gli è stata proposta.

Io partirei da qui. Perché quello che la coalizione proposta non ha tenuto conto è che non si possono sommare le percentuali dei sondaggi per calcolare quanti voti si possono prendere.

Quanti elettori del PD hanno confermato la propria scelta di cinque anni fa? Il loro partito è sceso dal 25,11% del 2020 al 22,5% di oggi. Quindi, non solo non è cresciuto, ma, anzi, ha perso. Il M5S invece è crollato non tanto in valore assoluto – dal 7,2 al 5,1% – ma in percentuale ha lasciato quasi il 30% dei suoi elettori alla concorrenza.

La riflessione che sarà opportuno fare è semplice. Intanto inutile sommare le percentuali dei sondaggi sia perché sono sondaggi e non voti reali e poi perché non conta solo chi si vorrebbe votare, ma anche, e forse soprattutto, con chi quel partito è in coalizione. Un campo troppo largo e troppo poco “connotato” politicamente rischia fortemente di allontanare chi non ama stare insieme agli estremi della coalizione.

Altra considerazione che molti hanno fatto e che io sottoscrivo è che quando ci sono delle consultazioni locali, temi di natura nazionale o addirittura internazionale è meglio tenerli da parte. Ai marchigiani è stato chiesto se volessero confermare la vecchia coalizione, e il centro sinistra, negli ultimi giorni di campagna elettorale, ha parlato loro di Palestina. Per favore teniamone conto per le prossime votazioni.

Visto però che a noi piace vedere i bicchieri mezzi pieni, lasciateci gioire per la catastrofe che ha portato a casa l’ineffabile Salvini che ha fatto precipitare la Lega dal 22,38% del 2020 all’attuale 7,4%. Un risultato clamoroso. Che poi quei voti siano confluiti principalmente su FDI attenua la gioia, ma non ce ne preoccupiamo. La preoccupazione, se mai, è che, purtroppo, non passerà tantissimo tempo prima che i compagni di partito di Salvini decidano di chiedergli di levarsi di torno. Con lui, la Lega è destinata all’estinzione. A noi non credo farebbe molto dispiacere, ma forse ai leghisti qualcosa in più potrebbe interessare.

 

 

(30 settembre 2025)

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