di Giovanna Di Rosa
La presenza di Crozza al Festival di Sanremo, la sua insulsa propaganda politica filo-grillina travestita da spettacolo d’intrattenimento, non è intrattenimento, non è spettacolo, non è nemmeno comicità: è solo propaganda della più volgare travestita da qualcos’altro. Non stupisce che Carlo Conti, che della volgarità intellettuale è ambasciatore, abbia scelto di ospitarlo; stupisce piuttosto che nessuno dica nulla. Che non si dica che abbiamo a che fare una tribuna politica travestita da siparietto comico. Non parliamo di censurare Crozza, parliamo di non chiamare la sua propaganda infantile e unidirezionale “comicità”, perché tale non è.
Ci sono ragioni tecniche, innanzitutto. La comicità, le gag comiche, si muovono su un ritmo preciso, scandito dal numero 3, per chi non conosce il meccanismo eviterò di essere tediosa e stare a raccontarlo qui. Chi lo conosce sa di cosa parlo. L’inutile Crozza lo ignora e pesca nel volgarume targato Il Fatto Quotidiano o La7, volgarume di fetido odore grillino, e trasforma la comicità in propaganda unidirezionata. La comicità che Crozza millanta e Carlo Conti finge di apprezzare con risate tanto grasse quanto false, tanto che viene da chiedersi se Cairo sia anche il suo editore, non è tale perché il vero comico, in onore al suo archetipo storico, se la prenderebbe a 360° con tutti, mentre Crozza ha soltanto due obbiettivi: Matteo Renzi e l’attuale segretario del PD. Quindi uno solo.
La pretesa di Crozza di essere l’alfiere della satira politica intelligente si scontra con la sua forma mentis ideologicamente unidirezionale al servizio del suo editore storico (il M5S), l’unico cioè che abbia voluto averlo tra i coglioni, e ripete la stessa battuta autoclonandosi in onanistiche ripetizioni della solita solfa che non solo vanno annoverate tra la peggior propaganda che si sia vista in televisione negli ultimi anni, ma tra la più squallida, brutta, inutile, deontologicamente scorretta, ed anche di pessima qualità messa in onda, che non solo Sanremo ricordi.
Diciamo questo perché siamo ben consci del valore che proprio Crozza ed i Broncovitz sono stati capaci di regalare al mondo del piccolo schermo italiano con alcuni programmi storici dove facevano veramente satira e se la prendevano veramente con tutti, con intelligenza e coraggio rari per i tempi.
Di quell’intelligenza – della quale evidentemente Crozza non era né la causa né l’effetto – non è rimasto nulla, se non un guitto telecomandato calvo, brutto, antipatico e prevedibile, convinto di essere bravo e simpatico, che legge dal gobbo tutto ciò che dice, il quale non ha nemmeno il coraggio, e la cronaca lo richiederebbe, di affondare il suo satirico [sic] coltello nella carni di Virginia Raggi e Beppe Grillo oltre che delle altre disperate giunte grilline, ma soltanto in quelle indicate dal suo furore anti-renziano avendo come solo obbiettivo l’ex presidente del Consiglio ed il PD. Fermo restando che riteniamo che non si debba censurare nessuno, ci chiediamo perché buttare soldi pubblici per un ospite simile quando una Luciana Littizzetto sarebbe stata molto più utile. Almeno quando c’è da picchiare pesante lei non guarda in faccia nessuno.
(11 febbraio 2017)
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