Anonymous, il network hacker pro-Wikileaks, annuncia sulla sua rete di comunicazione una «Operazione Italia», un attacco Ddos (negazione di servizio) contro il sito del governo italiano,
www.governo.it. L’attacco era pianificato per le 15 italiane di oggi ed è stato attuato. La motivazione? La “situazione politica ed economica insostenibile”. E il caso Ruby. Per un’oretta dopo le 15 di domenica scorsa il sito governativo di Palazzo Chigi ha funzionato normalmente, poi è scomparso, è riapparso. E’ insomma in corso la battaglia telematica. La Polizia delle comunicazioni segue lo scontro telematico tramite il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche e conferma alle agenzie l’attacco in corso. Anonymous, scrive in un comunicato, ha deciso l’attacco il 30 gennaio scorso. Perché «la situazione politica ed economica in Italia è diventata insostenibile. Il governo italiano ha fatto della censura al web una priorità, così come quella di ridurre il sistema giudiziario in uno strumento di corruzione.(Il governo) è poi coinvolto con la prostituzione, anche minorile». «Il giro di vite sulla libera circolazione delle informazioni – scrivono ancora gli Anonimi – e altri «abusi, come quelli ambientali» sono stati «perpetrati negli anni dall’intera classe politica, e gli italiani hanno visto un progressivo e consolidato deterioramento dei loro fondamentali diritti umani e della propria dignità». «Siamo a conoscenza dell’attacco e i sistemi di sicurezza sono stati pontenziati – ha spiegato a Sky Sergio Mariotti, dirigente della Polizia Postale -. Ma è un tipo di azione che difficilmente si può contrastare perchè proviene da più computer sparsi non solo in Italia ma anche all’estero». E allora quali misure si possono prendere? «Si cerca di individuare gli indirizzi dei computer da cui provengono gli attacchi più numerosi e li si blocca. Bloccare il funzionamento di un sito è un reato e chi diffonde le istruzioni per partecipare all’attacco può essere imputato per istigazione a delinquere». L’operazione non è chiara ma è probabile che l’azione consista in un «Distribuited Denial of Service», cioè nello spingere un sito internet al limite delle prestazioni fino a mandarlo k.o. (Unita.it)
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