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A voler restare umani, spesso capita di sentirsi schiacciati… A voler restare umani

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di Massimo D’Aquino, #dirittiumani

“La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente” (Seid Visin)

Deve essere terribile tentare di vivere sentendosi accerchiato dall’odio, sul luogo di lavoro, per strada, perfino in famiglia. Odio generato da pregiudizi che, improvvisamente, lo hanno chiamato in causa e lo hanno fatto sentire il capro espiatorio, colui con cui prendersela, e ha preferito andarsene.

A voler restare umani, spesso capita di sentirsi schiacciati dalla ferma volontà della gente che ci sta attorno di odiare il prossimo ad ogni costo. Viene odiato chi è troppo povero, troppo ricco, troppo famoso, troppo diverso o troppo nessuno e di modi per odiare ce ne sono diversi, oggi va molto odiare su internet, ma si può assistere a scene d’odio quotidiane anche fermi ad un semaforo.

L’ignoranza, la non conoscenza generano pregiudizi e i pregiudizi generano l’odio, che spesso, troppo spesso, uccide. Oppure istiga al suicidio; spinge chi si ritrova ancora umano e solo ad abbandonare questo mondo ostile, zeppo d’ostilità. Esistono varie forme d’odio, a chi non è successo di dire, anche ad un amico che ci ha fatto del male, per esempio, “ti odio!”?  Spesso l’odio è associato all’amore (Catullo in primis docet “Odi et Amo”); in questi casi mi riferisco però ad una forma d’odio intima e sofferta. Un sentimento d’odio causato da un fatto, da un comportamento scorretto di una persona cui vogliamo molto bene che ci fa sentire spiazzati, impotenti e, per difesa, la odiamo, tuttavia sentiamo d’amarla. Stop. L’odio diventa pericoloso quando l’odiato non è più considerato un essere umano, bensì un oggetto alla nostra mercè. E qui di esempi potremmo riempirne tomi e tomi, il più eclatante degli esempi? L’Olocausto, sebbene le origini del male siano, ahimè, ben più antiche.

Qui non si tratta della ragazzina “hater” che messa a confronto con il personaggio famoso che odia e insulta in rete, se la fa sotto e abbraccia la star facendosi un selfie mentre le schiocca un bacio! Per carità! Se mi metto nei panni di una “Laura Pausini” o “Wladimir Luxuria” capisco che può essere notevolmente fastidioso, ma molto raramente uccide (istante dedicato a John Lennon dovuto). In questo tipo di odio, chi odia cerca fama e chi è odiato forse manco lo sa. L’odio che uccide sempre è quello coltivato nella (dalla) società.

Io immagino spesso il mondo come un enorme prato pieno di fiori bellissimi, profumati e coloratissimi, dove ci sono zolle di terra attanagliate da erba cattiva. Le zolle più tristi sono quelle dove ci sono in atto guerre, repressione, dittature: in quei luoghi l’erba cattiva regna sovrana, non c’è colore, quasi non c’è luce.

Qui l’odio non è sofferenza da parte di entrambi gli attori della scena, uno detiene il potere e soggioga l’altro, che diventa una “cosa” odiata, da annientare. L’odiatore o “hater” come si usa dire oggi, prova soddisfazione, si sente gratificato, tronfio degli orrori commessi se ne vanta al bar, in famiglia, al lavoro.

Insomma, favolette a parte, quando entra in scena il potere esercitato dalla massa verso gli ultimi fiori rimasti, spesso ci si sente impotenti. Tuttavia una soluzione c’è ed è coltivare il bello. La bellezza d’animo delle persone, la capacità d’essere se stessi e di ammettere i nostri e gli altrui limiti. La volontà di conoscersi, comprendersi e amarsi. Cogliere l’essenza di ogni individuo e capire che dietro ogni persona c’è una storia che merita d’essere ascoltata, perché è soltanto così che sconfiggeremo l’odio, conoscendo l’altro.

E’ una lotta difficile, che richiede impegno e ci “costringe” a non smettere mai di pensare; un terreno ostile, spesso arido; è impagabile però l’intima soddisfazione che ne deriva ogniqualvolta riusciamo a far nascere un nuovo fiore.

 

(8 giugno 2021)

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