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La Bustina della Serva: L’Italia chiamò

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di Ci Ci Erre #LaBustinadellaServa twitter@gaiaitaliacom #Politica

 

Ho imparato a fare i pancake.
Non è una nota di poco conto, mentre il mondo cercava di proteggersi, anche io lo facevo.
La mia protezione è imparare a fare qualcosa di nuovo, a parte cucinare, quello non mi riesce mai, nemmeno quando mi impegno.

Tuttavia, i pancake mi ricordano i film americani, la famiglia perfetta a colazione, una cucina gigante sempre e comunque pulita. Non solo, ma sono anche buoni. Allora, ben prima della quarantena avevo comprato un composto sabbioso di pancake istantanei, che una volta mescolato con l’acqua garantisce un risultato eccezionale.

Ogni volta che mi cimentavo nella mia colazione perfetta, il risultato era pessimo.
Nessun film americano, nessuna famiglia, nessuna cucina in ordine.

Figuriamoci i pancake.

Poi è arrivata la quarantena, e tutta la sua calma. Mi sono persa ascoltando un podcast a mescolare il composto sabbioso, non mi sono resa conto che stavo mescolando da 5 minuti, tanto che il composto è diventato uniforme. È bastato mettere il composto nel recipiente giusto aspettare qualche minuto in più rispetto i pochi secondi che ho a disposizione nelle mattine della mia vita, ed il risultato è stato un pancake straordinario, in forma ed in gusto. Non importava se non c’era la famiglia americana, ma nel frattempo, per il tempo giusto, avevo messo in ordine la cucina.
La colazione migliore della mia vita.

In mezzo ad una pandemia, in mezzo alla crisi più profonda che il mondo sta vivendo, in mezzo alla disperazione più totale. Mi sono sentita in colpa. Per poi pensare che la colpa non serviva a niente, e quello che potevo e dovevo fare era proprio scandire il mio tempo in secondi, minuti ed ore.
Sono diventati giorni.

L’Italia chiamò e ci chiese di restare fermi.

La pandemia ci ha messo di fronte ad una costante che non prendevamo in considerazione. Non sapevamo neanche cosa fosse una costante, perché generalmente la costanza è interrotta da tutti i riti quotidiani sempre diversi nella loro somiglianza. Invece, la pandemia ci ha portato a guardare sempre dalla stessa finestra, non più da quella dell’ufficio, ci ha chiesto di sederci sul divano, di dimenticarci il rumore del motore, ci ha chiesto di stare nelle nostre case e noi pieni di patriottismo ne abbiamo creato un trend rigorosamente a forma di hashtag.

Io resto a casa. Si resta a casa in silenzio, costretti a subire il panico delle cattive notizie, il numero dei morti crescere, costretti a vedere le nostre imprese chiudere, la borsa calare, l’Europa disdire il più alto patto di coesione.

Abbiamo imparato a gestire il tempo con la costante del restare fermi, nello stesso spazio, nello stesso luogo, avverso le stesse facce. E forse abbiamo imparato ad ascoltare i pensieri, a conoscere chi siamo, a cercare di capire le cose che non capivamo, per poi scoprire che non le abbiamo capite lo stesso.

Abbiamo dichiarato pace all’attesa, abbiamo imparato a leggere, abbiamo finalmente scoperto che la tecnologia non è un nemico, ma una risorsa. Abbiamo proiettato la nostra faccia su una webcam, concluso affari a forma di algoritmi, abbiamo lasciato ai protocolli crittografati di https la nostra unica speranza di riservatezza. Abbiamo scoperto che c’era un patto più alto. Che Bond non è solo James. E che non importa quanto la situazione sia terrificante, ci sarà sempre qualcuno che millanterà per creare terrore.

E quando la paura è l’unica arma per dare voce alla strumentalizzazione, arriverà una diretta a rimettere ognuno al proprio posto.

Abbiamo capito che ci sono erbacce da estirpare e nuovi giardini da vedere e che saranno più belli di quelli di Berlino e saranno molto più colorati di un quadro di Van Gogh. Abbiamo scoperto che leggere è importante, e che le lobby hanno un potere ancora troppo forte, che almeno, quando leggi le persone e le cose stanno nel posto giusto: quello che spetta loro.

La nostra Pasqua, quella che richiama alla consapevolezza per la prima volta, forse per una volta, riusciremo a cogliere. Questo è il compito che ci spetta nel cambiamento delle cose che non cambiano, mentre altre rivoluzionano. Saremo digitali, saremo a lavoro anche se da casa, milioni di particelle di smog moriranno in segno di giustizia alle vittime, godremo dei delfini nei canali, di cieli stellati non più appannati, sfrutteremo le risorse con rispetto ed intelligenza, senza più farne abuso. Elogeremo i sopravvissuti di questa strage, ritornando nelle botteghe muniti di orgoglio.

Andremo con calma, non per egoismo, ma per rispetto della salute che gli altri hanno pregiudicato nel combattere questa battaglia.

I segni lasciati dalla mascherina diventeranno rughe d’espressione segno di una lezione che abbiamo l’onere di ricordare a memoria.

È la sfida che spetterà al Paese, alle industrie, all’economia, ma anche alla nostra vita. Rinascere, come succede per Pasqua, per avere una seconda occasione.

Per essere come dentro quei libri – che nonostante le lobby continuerò ad ordinare online – nel posto giusto che ci spetta.

 

(12 aprile 2020)

©gaiaitalia.com 2020 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




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