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“Giustappunto!” di Vittorio Lussana: al M5S “manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto”

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di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #politica

 

 

Per quel che riguarda la vicenda dei ‘finti bonifici’ di alcuni esponenti del M5S, che si sono tenuti l’intero stipendio fingendo di restituirne una parte, risulta evidente che la questione non si pone giuridicamente, poiché non si tratta di reati penali, bensì in termini di principio. In politica, non si può “parlar bene e ‘razzolare’ male”. Se si professa una precisa etica di comportamento, diviene fondamentale applicarla per primi al proprio interno, altrimenti si finisce solamente nel rinchiudersi in una sterile critica puramente oppurtunistica e autoreferenziale. Il problema del movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio continua a essere esattamente questo: si è trasformata l’onestà in una sorta di ‘mantra’ a fini speculativi e di consenso elettorale, non per imporre veramente nuovi metodi di gestione della cosa pubblica. Il vero problema di sostanza sarebbe quello di una modifica dei regolamenti parlamentari, al fine di inserire e far approvare precise clausole di ‘rendicontazione’ di rimborsi e salari accessori, da depositare in appositi fondi istituiti appositamente per aiutare i cittadini o intervenire nelle emergenze. Ma anche per far questo, diviene necessario individuare un accordo con le altre forze politiche: solamente così si potrebbe dimostrare di voler cambiare veramente le cose. Invece, questa mancanza di visione complessiva, valida per tutti, finisce col favorire comportamenti individuali incoerenti e contraddittori: la questione è tutta qui. In termini di principio, se si chiede agli altri un ‘modus operandi’ più sobrio, occorre essere i primi a praticare quella stessa sobrietà che si teorizza. Altrimenti, l’esistenza di una forza ‘moralizzatrice’ non serve a nulla.

La tematica, insomma, non si pone sul versante quantitativo, cioè quella di una dozzina di ‘singoli casi’, ma qualitativo: nessuno controlla veramente un movimento che, a nostro parere, presenta sin dall’inizio una mancanza di leadership piuttosto evidente. Infine, gli attacchi contro la cosiddetta ‘stampa di regime’, ribaditi poche sere fa dalla deputata Paola Taverna, ottengono solamente l’esito di esacerbare gli animi e generare nuove diffidenze, le quali rischiano di essiccare alla radice la motivazione di principio più autentica che ha condotto alla nascita di una forza di popolo come il M5S: quella di voler porre un freno alle molteplici contraddizioni, antropologiche e sociali, che l’intera società italiana continua a palesare. Continuare unicamente a criticare gli altri espone a sorprese e capovolgimenti negativi, i quali dimostrano, soprattutto, come determinati problemi siano all’ordine del giorno per tutti.

Se si vuole cambiare veramente questo Paese, culturalmente imperniato sulla furbizia più che l’astuzia, sull’ipocrisia più che sull’intelligenza, bisogna presentare una filosofia nuova ed efficace: un disegno, un progetto di trasformazione complessiva della società che valga per tutti, dentro e fuori il movimento. E bisogna avere un leader in grado d’imporsi su seguaci e militanti, per evitare l’accusa di voler cavalcare i problemi del Paese per mero opportunismo, collettivo e individuale. Se non si è capaci di controllare certe cose in ‘casa propria’, poi non si può chiedere agli italiani di accordare fiducia a una forza politica che già ora presenta ‘in nuce’ le medesime contraddizioni delle altre. Il male più profondo della società italiana e della classe politica che in essa si riflette è esattamente questo: ‘sguazzare’ nei problemi anziché risolverli. E in ciò, il movimento 5 stelle rischia di non marcare alcuna differenza rispetto a tutti gli altri. Insomma, cari ragazzi a 5 stelle, ve lo diciamo parafrasando Venditti: “Manca l’analisi e poi non ci ho l’elmetto”.





(16 febbraio 2018)

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