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HomeCopertina"Giustappunto!", di Vittorio Lussana: "Viva l'Italia, abbasso gli Italiani"

“Giustappunto!”, di Vittorio Lussana: “Viva l’Italia, abbasso gli Italiani”

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di Vittorio Lussana  twitter@vittoriolussana

 

 

 

 

Qualche riflessione sulla festa nazionale del 2 giugno. Una ricorrenza che ci piacerebbe tanto festeggiare, ma che l’egocentrismo di larga parte degli italiani finisce col farla passare nell’indifferenza, assassinando ogni speranza o velleità. La Repubblica italiana resta lassù, in un mondo ideale, che poco si rispecchia con un popolo ormai dissociato persino da se stesso. Non si tratta di mancanza di amor di patria: giustificazioni, fattori e concause storiche ne esistono a iosa, per le nostre attuali condizioni. Eppoi, il nostro Paese è bellissimo: siamo noi italiani a esserne poco degni. Tuttavia, torniamo a sottolineare che vivere in una società che si pone soprattutto in termini di ‘vuota immagine’, al fine di nascondere le proprie vergogne quotidiane, sarebbe persino accettabile: la vera questione rimane la proiezione dell’immagine ‘sbagliata’. Qualche speranza sembra provenire dai giovani, che sono trattati come son trattati poiché considerati ‘diversi’, con le loro speranze e ingenuità. Ma si tratta di un ‘equivoco rovesciato’ come nel film ‘The others’, in cui la protagonista, convinta di vivere in una villa infestata dai fantasmi, alla fine è costretta a rendersi conto che l’unico spettro che gira per la casa è proprio lei. Noi italiani siamo così: proprio non vogliamo rinunciare a sentirci al centro dell’universo. E scambiamo continuamente questo nostro arrogante assolutismo per individualismo liberale, che invece è assai più laico, riflessivo, dubbioso. Il nostro ‘Io trascendente’ dovrebbe emergere solamente nei casi in cui si è costretti a intervenire concretamente per impedire un’ingiustizia, per ‘pareggiare’ un crimine o un sopruso, per aiutare i più deboli o chi ne ha bisogno. Invece, questo ‘Io assoluto’, noi italiani lo lasciamo circolare in tutte le situazioni in cui non c’entra proprio un ‘cazzo’, per poi diventare silenziosi e riflessivi quando la realtà ci dimostra che abbiamo ‘torto marcio’. In sostanza, siamo un’ignobile plebaglia, forte con i deboli e debole con i forti, che confonde la furbizia con l’astuzia, totalmente schiacciati sul presente poiché vittime della nostra più totale mancanza d’identità. E c’è anche chi parla di nazionalismo ‘sovranista’, o di sovranità nazionale. In termini assoluti, ovviamente. Ovvero, in quanto mero atteggiamento: “Un’etichetta salutata la quale può accogliere nel proprio seno qualsiasi contenuto, anche di natura socialista o rivoluzionaria”, disse un giorno Giovanni Gentile, descrivendo il fascismo. Ecco, noi siamo ancora quelli lì: un popolo di reazionari incoerenti, privi di una qualsiasi spina dorsale culturale o identitaria. Personaggi a cui nessuno si sognerebbe mai di dedicare una statua: perché le statue son ferme, mentre noi, invece, ci muoviamo di continuo. Strisciando come serpi.

 

 

 

(1 giugno 2017)



 

 

 

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